CHARLES BUKOWSKI – 1920-1994
Prima parte: LE PAROLE
“Scrivere poesie non è difficile.
È difficile viverle“.
Una poesia è una città piena di strade e tombini
piena di santi, eroi, mendicanti, pazzi,
piena di banalità e di roba da bere,
piena di pioggia e di tuono e di periodi
di siccità, una poesia è una città in guerra,
una poesia è una città che chiede a una pendola perché,
una poesia è una città che brucia,
una poesia è una città sotto le cannonate
le sue sale da barbiere piene di cinici ubriaconi,
una poesia è una città dove Dio cavalca nudo
per le strade come Lady Godiva,
dove i cani latrano di notte, e fanno scappare
la bandiera; una poesia è una città di poeti,
per lo più similissimi tra loro
e invidiosi e pieni di rancore…
una poesia è questa città adesso,
50 miglia dal nulla,
le 9, 09 del mattino,
il gusto del liquore e delle sigarette,
né poliziotti né innamorati che passeggiano per le strade,
questa poesia, questa città, che serra le sue porte,
barricata, quasi vuota,
luttuosa senza lacrime, invecchiata senza pietà,
i monti di roccia dura,
l’oceano come una fiamma di lavanda,
una luna priva di grandezza,
una musichetta di finestre rotte…
Una poesia è una città, una poesia è una nazione,
una poesia è il mondo…
e ora metto questo sotto vetro
perché lo veda il pazzo direttore,
e la notte è altrove
e signore grigiastre stanno in fila,
un cane segue l’altro fino all’estuario,
le trombe annunciano la forca
mentre piccoli uomini vaneggiano di cose
che non possono fare
Le parole non hanno occhi né gambe,
non hanno bocca né braccia,
non hanno visceri
e spesso nemmeno cuore,
o ne hanno assai poco.
Non puoi chiedere alle parole
di accenderti una sigaretta
ma possono renderti più piacevole
il vino.
E certo non puoi costringere le parole
a fare qualcosa che non
vogliono fare.
Non puoi sovraccaricarle
e non puoi svegliarle
quando decidono di dormire.
A volte
le parole ti tratteranno bene,
a seconda di quel
che gli chiedi
di fare.
Altre volte,
ti tratteranno male,
qualunque cosa
tu gli chieda di fare.
Le parole vanno
e vengono.
Qualche volta ti tocca
di aspettarle a lungo.
Qualche volta non tornano
più indietro.
Qualche volta gli scrittori
si uccidono
quando le parole li lasciano.
Altri scrittori
fingeranno di averle ancora
in pugno
anche se le loro parole
sono già morte e sepolte.
Fanno così
molti scrittori famosi
e molti meno famosi
che sono scrittori soltanto
di nome.
Le parole non sono
per tutti.
E per la maggioranza,
esistono
soltanto per poco.
Le parole sono
uno dei più grandi
miracoli
al mondo,
possono illuminare
o distruggere
menti,
nazioni,
culture.
Le parole sono belle
e pericolose.
Se vengono a trovarti,
te ne accorgerai
e ti sentirai
il più fortunato
della terra. Nient’altro avrà più
importanza
e tutto sembrerà importante.
Ti sentirai
il dio sole,
riderai del tempo che fugge,
ce l’avrai fatta,
lo sentirai
dalle dita
fino alle budella,
e sarai diventato,
finché
dura,
un fottutissimo scrittore
che rende possibile
l’impossibile,
scrivendo parole,
scrivendole,
scrivendole.
Nel mio cuore c’è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma con lui sono inflessibile,
gli dico: rimani dentro, non voglio
che nessuno ti
veda.
Nel mio cuore c’è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma io gli verso addosso whisky e aspiro
il fumo delle sigarette
e le puttane e i baristi
e i commessi del droghiere
non sanno che
lì dentro
c’è lui
Nel mio cuore c’è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma io con lui sono inflessibile,
gli dico:
rimani giù, mi vuoi fare andar fuori
di testa?
Vuoi mandare all’aria tutto il mio
lavoro?
Vuoi far saltare le vendite dei miei libri in
Europa?
Nel mio cuore c’è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma io sono troppo furbo, lo lascio uscire
solo di notte qualche volta
quando dormono tutti.
gli dico: lo so che ci sei,
non essere
triste
Poi lo rimetto a posto,
ma lui lì dentro un pochino
canta, mica l’ho fatto davvero
morire,
dormiamo insieme
così col nostro
patto segreto
ed è così grazioso da
far piangere
un uomo, ma io non
piango, e
voi?
E COSÌ VORRESTI FARE LO SCRITTORE?
E così vorresti fare lo scrittore?
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo.
A meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.
Se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.
Se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo
se lo fai perché vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.
Se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
Se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
Se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.
Se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
Se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos’altro.
Se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
Non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall’autocompiacimento
Le biblioteche del mondo
hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te
non aggiungerti a loro
non farlo
a meno che non ti esca
dall’anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all’omicidio,
non farlo
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
Quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sé e continuerà finché tu morirai o morirà in te.
Non c’è altro modo
e non c’è mai stato.
“…Sai, avevo sia una famiglia che un lavoro e qualcosa mi ostacolava sempre la strada,
ma ora ho venduto la casa e ho trovato questo posto, un grande studio,
dovresti vedere quanta luce e spazio,
per la prima volta in vita mia avrò un posto e il tempo per creare…”
No baby,
se avessi avuto voglia di creare
lo avresti fatto anche lavorando 16 ore al giorno in una miniera di carbone,
o lo avresti fatto anche in una piccola stanza con 3 bambini vivendo con il sussidio di disoccupazione,
o lo avresti fatto anche con parte della tua mente o del tuo corpo esplosi via,
o lo avresti fatto anche fossi stato cieco, storpio o demente,
lo avesti fatto con un gatto aggrappato alla tua schiena mentre tutta città era scossa da terremoti, bombardamenti, inondazioni ed incendi.
No baby,
aria e luce e tempo e spazio non hanno nulla a che fare con tutto ciò,
e non creano nulla,
tranne forse una vita più lunga per trovare nuove scuse.
ALLA PUTTANA CHE SI È PRESA LE MIE POESIE
Alcuni dicono che dovremmo tenere lontano il rancore personale dalla poesia,
rimanere distaccati, e c’è del vero in questo,
ma cristo;
dodici poesie sparite e io non conservo le copie e hai anche i miei
quadri, i migliori; è opprimente:
stai cercando di annientarmi come tutti gli altri?
Perché non ti sei presa i miei soldi? Di solito li prendono
dai pantaloni sonnolenti e ubriachi storditi nell’angolo.
La prossima volta prenditi il mio braccio sinistro o un cinquantone
ma non le mie poesie:
non sono Shakespeare
ma prima o poi semplicemente
non ce ne saranno più, né distaccate né di altro tipo;
ci saranno sempre soldi e puttane e ubriaconi
fino all’ultima bomba,
ma come Dio ha detto,
accavallando le gambe,
vedo che ho creato fin troppi poeti
ma non altrettanta
poesia.