A cura di Riccardo Gramazio (Ricky Rage)
La grandezza dei Led Zeppelin è testimoniata anche da un pezzo come Moby Dick, contenuto nel secondo mitico album del gruppo hard rock britannico per eccellenza. Protagonista indiscusso del brano, il compianto, il rivoluzionario ed esagitato John Bonham.
Il buon caro Bonzo è stato senza dubbio uno dei più influenti batteristi della storia e, non a caso, il suo contributo ha segnato indelebilmente la vita, alimentato la fiamma del rock. L’arte di Bohnam può essere descritta come una fusione esplosiva di tecnica, potenza e veemenza. Il suono del musicista, raccontato in maniera fantastica dai dischi dei Led Zeppelin, è un vero e proprio uragano, una bomba devastante, aggressiva e al contempo geniale. Stiamo parlando di un perfetto autodidatta che, ispirato da alcuni importanti nomi del jazz, del soul o da personaggi come Ginger Baker dei Cream, ha mostrato al mondo intero la forza solista della batteria, da sempre utilizzata esclusivamente per scandire tempo e ritmo.
John era un creativo, un innovatore, un musicista grandioso che con le pelli si è sbizzarrito forse come nessun altro, dando vita a uno stile personalissimo e molto riconoscibile. Fu sua, per esempio, l’idea di rivestire con la carta stagnola gli interni dei tamburi per ottenere ulteriore potenza. Diversi furono poi gli esperimenti per tirar fuori il meglio: inclinazione della botta, accordatura particolare delle pelli e ricerca della musicalità.
E quando si pensa al vecchio John Bonham, Moby Dick non può che tornare in mente. Il titolo dell’opera è chiaramente tratto dal celebre romanzo di Herman Melville, libro che racconta la battaglia in mare tra lo scontroso capitano Achab e la mostruosa quanto proverbiale balena bianca.
John amava trascorre parecchie ore in studio. Provava e riprovava chissà quali numeri, massacrando lo strumento, spezzando bacchette e spassandosela persino a mani nude. Jimmy Page, lo storico chitarrista dei Led Zeppelin, un bel giorno decise di premere rec per immortalare parte di quelle furiose e spettacolari sessioni. Voilà, Moby Dick prese vita più o meno così.
Il pezzo pone al centro l’immenso talento del batterista del Worcestershire. Ascoltare per credere.
Ad animare apertura e chiusura del gioiello, un vecchio riff blues di Page e le note del bassista John Paul Jones. Turno di riposo invece per lo splendido e amatissimo Robert Plant che, in occasione dei concerti, appena prima di una meritata pausa vocale, si limitava soltanto a introdurre l’imminente show del suo fidato drummer. E proprio dal vivo Bonham poteva sfogare impulsi e offrire il meglio della sua arte, divertendosi, improvvisando, avventurandosi nel virtuosismo straripante del rock. Le versioni live di Moby Dick potevano durare anche mezz’ora. Insomma, uno spettacolo purissimo, potente, ipnotico, gestito alla perfezione da uno dei più grandi protagonisti della musica, per molti il più grande batterista in assoluto.
John Bonham, detto Bonzo, era realmente il re dei grooves. Potenza, fantasia e classe al servizio del rock and roll. Beh, e ovviamente al servizio dei leggendari Led Zeppelin.
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