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NEMESI Intervista a Stefano Attuario

A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage

Il disco del comasco Stefano Attuario è senza dubbio legato al profondo senso del conflitto; si combatte contro i demoni interiori, contro un sistema profondamente sbagliato, contro la dipendenza, contro il vuoto lasciato da qualcuno. Insomma, si combatte sempre, e la lotta è quasi sempre stremante. Nemesi può quindi essere considerato a tutti gli effetti un concept album oscuro sulle debolezze dell’animo umano e sui relativi crolli emotivi. Stefano non perde mai il filo, e servendosi di parole e di suoni talvolta oscuri e feroci, regala all’ascoltatore un album rock piuttosto importante. Come è arrivato a tutto questo? Beh, tutto o quasi in questa bella intervista…

Bene, è bello averti qui per parlare del tuo disco. Prima, ovviamente, la presentazione. Chi sei e che cosa fai?

Mi chiamo Stefano Attuario, classe 74. Sono un’appassionato di letture, soprattutto biografiche, che riguardano il mondo musicale e di chi fa arte in generale. Colleziono vinili, ascolto tantissima musica e cerco di passare più tempo possibile con la mia compagna e i miei cani. Ho un lavoro che impegna parecchio tempo della settimana ed è per questo che mi concentro molto sui miei interessi.

Nemesi, il tuo primo album, è uscito da pochissimo in formato fisico e in digitale. Sensazioni a caldo?

Una sensazione fantastica: è stato accolto dagli addetti ai lavori e da chi ha avuto modo di ascoltarlo calorosamente, con ottime recensioni e impressioni. Chi fa musica sa quanti sacrifici comporta fare una produzione di un certo tipo, coinvolgendo persone come Max Zanotti, Lory Muratti, Ray Heffernan, quindi, quando viene apprezzato, mi ripaga di tutto.

Il disco è violento, potente e pieno di rabbia. Non hai fatto sconti, insomma, ma la cosa che più colpisce è la natura introspettiva dei contenuti. Come è nato il tutto?

È nato mettendomi a “nudo”, senza nascondere emozioni, esperienze e raccontando tutto con sincerità. Non ho voluto raccontare le storie di qualcun altro o immaginare, ho voluto raccontare quello che ho vissuto, quello che ho provato, quello che ho passato. Durante il periodo della pandemia, con tutto quel trambusto che si è passato, ho rivalutato meglio le persone, le azioni, il mondo in generale ma anche me stesso. Questo periodo associato a un percorso mio personale, mi ha spinto a scrivere questi brani, scriverli e suonarli, come si dice, me la sono suonata e cantata. Dico cosi perché prima suonavo in una band, suonavo la chitarra e scrivevo i brani, o meglio, ero uno degli autori dei brani, poi le cose sono andate in direzioni opposte, obbiettivi e modo di vivere la musica troppo distanti. Quindi, eccomi qui, mi sono messo alla prova scrivendo testi e musica per me stesso, in massima libertà, dando il giusto senso e la giusta espressione a quello che avevo scritto.

Nel singolo Un Demone La Mia Morale, traccia d’apertura, parli per esempio dell’abuso della tua stessa sofferenza o della fragilità. Onestà e trasparenza, mi viene da dire, e capacità di guardarsi dentro. Eppure il tiro del pezzo non ci porta verso la rassegnazione, è più un discorso di consapevolezzaç: prima di affrontare il mondo, dobbiamo combattere ogni giorno contro noi stessi e contro i nostri demoni. Cosa pensi di questa mia lettura?

Esatto, il “tiro” del brano è una provocazione a reagire, uno sprono a cercare la propria identità, lottando contro i propri limiti o meglio contro le tentazioni che distraggono dalle cose importanti.

Il famoso cerchio di fuoco, è come uscire da una sorta di confort zone, dove da una parte c’è il diavolo a farci da morale e dall’altra un angelo che ci leccherà le ferite… Ma in realtà, per osare, non si dovrebbe uscire dalla propria confort zone? A voi la risposta.

Il primo brano estratto è stato Liberi Respiri (And The Silence In Between) in collaborazione con Ray Heffernan. A metà strada tra la power ballad e la canzone d’autore, parliamo sicuramente di uno delle composizioni più significative del disco, e non solo per le scelte sonore. Cosa mi racconti?

Con Ray abbiamo delle storie in comune. In questo caso, entrambi abbiamo perso qualcuno, che con un gesto violento come il suicidio, ha segnato nell’animo. Abbiamo deciso di camminare su questa linea sottile, nel raccontare questo argomento, collaborando a distanza sulla stesura del brano. Una volta definite le parti ci siamo incontrati in studio da Max, che intanto aveva “vestito” il brano con dei suoni che hanno dato profondità e intensità. Io la ritengo la mia personale Misere/ Miss Sarajevo. Nemesi era già terminato, quando all’improvviso una sera sono venuto a conoscenza che un mio caro amico si era tolto la vita. La notizia mi aveva turbato cosi tanto che quella sera scrissi Liberi Respiri, testo e musica. Scrissi quasi tutta la notte, non ero convinto, riascoltandomi il giorno seguente. La mandai a Max per sapere cosa ne pensasse e lui si mise subito all’opera a vestire la canzone con degli arrangiamenti da brividi e che davano il giusto “colore” alla canzone. Andai in studio e la cantai. Il brano, per curiosità, lo inviai a Ray per sapere cosa ne pensasse e, con estrema gioia, lui mi chiese di scrivere una parte del testo in inglese. Così siamo finiti in studio da Max e siamo riusciti, con enorme soddisfazione, a incidere Liberi Respiri (and the silence in between).

Tra l’altro i due brani citati sono accompagnati da interessanti videoclip, entrambi diretti da Lory Muratti. Parliamo di questa collaborazione…

Lory l’ho conosciuto bazzicando nei vari eventi, concerti dei Marlene Kuntz o da solista di Cristiano Godano. Mi sono interessato alla sua arte di scrittore, musicista e soprattutto di regista, alla sua capacità di essere così fuori dagli schemi nel proporre immagini visive artistiche. Lui ha capito la sensibilità dei brani, dando una chiave poetica, immaginaria, che sposa il significato del testo. Lory curerà anche il terzo video che uscirà a breve che sarà Arcobaleni in Bianco e Nero.

Oltre ai viaggi personali, hai tirato in ballo diverse cattive situazioni, drammi del nostro tempo. Mi riferisco alle critiche presenti proprio in Arcobaleni in Bianco e Nero o al crollo delle relazioni raccontato in L’Anima non Mente…

Sì, entrambi i brani rispecchiano un periodo vissuto. Ritengo Nemesi un album molto personale quasi un concept. Ci sono collegamenti tra un brano e l’altro. Arcobaleni rispecchia una società egoista, del prima io, dell’indifferenza, da non accorgersi dalla perdita di principi dei sentimenti. L’anima non mente, non per forza è connessa al rapporto di coppia, ma anche a dei rapporti tra persone; è una consapevolezza del vero animo delle persone, che si mostrano per quello che sono.

 

La title track chiude l’opera. Testo recitato e bisogno di quiete dopo la tempesta, se vogliamo. Per parlare di Nemesi è necessario parlare di mitologia classica, di giustizia e di compensazione. Insomma, ci sarebbe da dire molto, ma ovviamente io vorrei sentire la tua. Ah, giusto per dire, la parola stessa suona benissimo ed è figa per natura. Grande titolo.

Esatto. Nemesi era considerata una divinità che garantiva giustizia, distribuendo gioia, ma anche dolore a seconda di quanto era giusto. Mi sono reso conto che nella stesura del album, volevo dare senso a quel senso di giustizia, immaginando un luogo mistico. L’ascolto dell’album si faceva carico dei fantasmi del passato che reclamavano il loro spazio, e che come amo dire, Nemesi ha reso giustizia a queste canzoni. È stata inclusa alla fine dell’album proprio per regalare quel luogo di raccoglimento di conforto. L’album “fisico”, in formato cd, visivamente lo considero un percorso. Non ci sono testi (che si trovano tra l’altro su Spotify), ma viene raffigurato, attraverso delle foto di immagini di copertina e all’interno dell’album, il mio personale significato di Nemesi. A fine percorso ho riportato un solo testo, che è proprio Nemesi.

Dove si colloca in generale la musica di Stefano Attuario. Io non vado molto d’accordo con le etichette, ma alla fine della fiera, tutti ci finiamo dentro. Detto questo, Alternative rock potrebbe andare bene?

Alternative Rock, Dark Wave… Più che trovare un collocamento al genere, preferisco che ogni canzone trovi un posto in ognuno di noi. Non ho scritto per genere, ho scritto per dire quello che pensavo in quel momento.

Il disco, come detto, è potente e ben prodotto. Hai voglia di parlarmi dell’esperienza in studio?

In studio è stato fantastico, anche se impegnativo. Come detto prima, non avevo esperienza come “cantante”. Sentire la propria voce fa un certo effetto. Devo dire che Max è stato un produttore molto attento e paziente. Mi ha accompagnato in questo percorso, senza farmi mai perdere l’entusiasmo e la voglia di dimostrare che potevo fare un album importante.

All’interno di Nemesi, nelle liriche, non mancano le citazioni o i collegamenti più o meno diretti con le opere di altri grandi autori. Questo perché la musica non è l’unica tua forma di espressione. Vai, a ruota libera…

Giro sempre con quaderno e zaino, chi mi conosce lo sa. Trovo sempre qualcosa da annotarmi, il viso di una persona, gli occhi, annoto quello che mi colpisce in quel momento, quello che Madre Natura ci regala ogni giorno. Sottolineo frasi e parole di ogni libro, che magari sono apparentemente insignificanti, ma che invece ti danno la possibilità di fantasticare. Guardo poca Tv, guardo sopratutto le serie, e magari scopro una canzone in quel momento e cerco di capire perché ci stia cosi bene con quell’immagine. Creo allora delle mie immagini, scrivendoci una canzone. Insomma, largo alla fantasia, ma sopratutto, prima a quello che mi stimola nella vita reale.

Quali sono a questo punto gli artisti che più hanno influenzato il tuo modo di scrivere e di comporre?

Non ho un genere specifico, passo dai Rammstein ai Radiohead. Ascolto quasi tutto. Ma ho dei personaggi a cui sono legato per quello che hanno rappresentato per la mia crescita artistica, ma in alcuni casi, anche per quella personale. Non posso non citare Nick Cave, Mark Lanegan, Nirvana, U2, Depeche Mode, e per citare i gruppi di casa nostra sicuramente i Marlene Kuntz, gli Afterhours e i Verdena.

Avrei molte domande da farti, considerando la bontà del lavoro, e non basterebbero dieci pagine. Quindi ti lascio la classica domanda a piacere… con risposta allegata, chiaramente.

Come hai trovato l’equilibrio tra gioia e dolore in Nemesi ? “Se le lacrime fossero liquore, mi sarei ubriacato da morire” Cit. Mark Lanegan

Saluta i nostri lettori, aggiungendo tutti i tuoi principali link…

Ciao e grazie per la chiacchierata a presto e buona musica …

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