Adriana La Trecchia Scola

 

Secondo Elias Canetti il corpo unico della massa è quel luogo in cui “il nero è più nero”, dove “d’improvviso tutto nereggia di gente”, dove i timori insieme alle diffidenze marciscono e gli animi si acquietano. Essere assorbiti dalla massa è facile perchè essa regala un’identità a chi è privo di uno statuto personale consistente, peró in cambio chiede la cancellazione delle distinzioni tra i soggetti e delle loro singole variabilità. La massa sente come un sol uomo e non permette di identificarsi con parti di diversi altri: manca della tolleranza propria di un sistema democratico. In realtà la democrazia diventa massa se rinuncia alla rappresentanza, ossia alla delega. Quando si dice che la democrazia non è abbastanza se non è sostanziale, è certo che si vuole sabotarla, perchè secondo Canetti in democrazia la forza dell’avversario è espressa in un numero (si contano i voti anzichè le teste spiccate) ed è proprio il formalismo del numero a garantire il suo essere rappresentanza e non pancia. Per Canetti la democrazia è la sostituzione della guerra in cui si uccide fisicamente con una guerra rituale, una guerra in cui non si muore: “La solennità delle operazioni di voto deriva dalla rinuncia alla morte come strumento di decisione. Con ogni singola scheda la morte è spazzata via”. Chiunque mette in pericolo la democrazia mette in scacco la vita di tutti, non di un singolo, come accade nel corpo a corpo di una classica battaglia. La democrazia è rito e nel rito c’è una forma che tiene una sostanza: senza forma la sostanza si fa caos, sangue. La massa è come un bambino che dipende dal capo, il che mette l’individuo in uno stato di minorità passiva non dissimile da quello di un neonato che è tenuto in vita dall’altro da cui dipende la sua esistenza. La psicanalisi ha decretato: chi non si separa non diviene propriamente un soggetto ma resta un assoggettato. Comunque la socialità si basa anche sul bisogno di sentirsi uniformati come se si volesse schivare un pericolo: la presunta minaccia rappresentata dagli altri. Oggi il mondo è interamente fondato su grandi processi di standardizzazione: si parte dai processi di produzione industriale all’uniformità nell’accesso al welfare e all’istruzione, nella burocrazia statale, nei mezzi di comunicazione e nei modelli di consumo. In particolare il neoliberismo non è solo una faccenda economica, ma l’unico principio che regola le vite degli esseri umani e dell’intero pianeta. Ogni aspetto della vita umana diventa un fenomeno economico nel senso che viene valutato in termini di costi, di efficienza, di profitto, di concorrenza, di valutazione. Non è più possibile immaginare un mondo non asservito all’economia, ma se tutto è capitale non c’è nessuna tutela collettiva perchè gli altri sono concorrenti, le cui azioni rispondono solo alla logica del business. La campionessa del neoliberismo Margaret Thatcher affermava che “non esiste una società, ci sono singoli uomini e donne e ci sono famiglie”, così le famiglie se ci sono diventano l’unico argine all’invadenza del mercato. Il problema di fondo è che il sistema neoliberista non offre alternative, ma fa continuo riferimento ad altri mercati per nuovi modi di monetizzare. Tuttavia anche se non si conosce l’esito di questa lotta è necessario non abbandonare il combattimento.

 

 

Il video di Kisses, il primo singolo di lancio del nuovo album degli Slowdive (Everything is Alive, in uscita il 1°settembre per Dead Oceans) è stato girato in una Napoli “segreta, immaginifica e da cartolina”. Il regista Noel Paul ha trasformato Kisses in un viaggio lungo i vicoli della città partenopea, sospesa però tra sogno e realtà. “Se il video evoca emozioni è grazie all’eccellente cast scelto. In particolare Charlie e Claudia, le due bellissime e coraggiose anime protagoniste del video”.  Everything is Alive arriva sei anni dopo “Slowdive” del 2017, album che segnò il ritorno discografico della band dopo 22 anni di attesa. Infatti gli Slowdive sono una presenza storica della scena rock indipendente inglese e del movimento shoegaze, quel sottogenere dell’alternative-rock sviluppatosi in Gran Bretagna tra gli ’80 e i ’90 dall’attitudine introversa e romantica. Il gruppo (il cui nome significa “tuffo lento” e fu ispirato da un sogno fatto dal bassista Nick Chaplin e dall’omonima canzone dei Siouxsie and the Banshees, uno dei gruppi preferiti da Rachel Goswell) si costituì a Reading nel 1989 e si sciolse nel 1995 per poi ricostituirsi nel 2014. I leader sono la cantante Rachel Goswell e il chitarrista e cantante Neil Halstead: le loro voci sussurrate e cristalline donano all’ascoltatore una sublime fusione di eterea dolcezza, di tristezza inconsolabile e di ingenuo romanticismo. Le loro melodie sono tra le più splendide offerte dal pop inglese degli anni Novanta, ma proprio perchè piena espressione della corrente timida ed intimista dello shoegaze, declina con l’ascesa dei più commerciabili Oasis. Così dopo solo tre album il gruppo si disgrega, quello che resta cambia nome in Mojave 3 e cambia pelle all’insegna di un delicato folk-rock, appena sporcato da tenui rimandi al passato. Tuttavia non si può cancellare l’indelebile ricordo degli Slowdive, meteora tra le più influenti e luminose mai apparse nel firmamento del pop britannico. Dopo più di vent’anni nel 2017 ritornano con il loro nome, e adesso è pronto l’ultimo lavoro di una band classica proiettata verso un radioso futuro. Le session di Everything is Alive sono iniziate con Neil Halstead nel ruolo di principale compositore e produttore, con l’idea di farne un album più minimale ed elettronico di quanto fatto in passato. Ma poi con i componenti della band riuniti in studio qualcosa è cambiato e il disco è diventato più potente, perchè come Neil e Rachel affermano “Gli Slowdive sono la somma delle sue parti…e succede qualcosa difficile da spiegare quando noi cinque ci ritroviamo in studio”. Il nuovo disco è stato registrato tra l’inverno del 2020 e l’inizio del 2022; è dedicato alla madre di Rachel Goswell e al padre di Simon Scott (il batterista) entrambi deceduti nel 2020.
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