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OUT OF THE BOX Il nuovo album di Joe Sal

A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage

L’ultimo lavoro in studio del cantante e chitarrista milanese Joe Sal è un signor disco, materiale del quale, come dico sempre davanti a simili progetti, abbiamo un dannato bisogno. Che questo grande artista sappia fare bene il proprio mestiere non lo scopriamo sicuramente oggi, ma non considerare Out Of The Box come uno dei migliori album alternative usciti negli ultimi tempi somiglia più a un sacrilegio che a un semplice errore di valutazione. Joe Sal ha voluto raccogliere per l’occasione molte tracce provenienti dal passato, canzoni che difficilmente avrebbe potuto inserire nei contesti da lui ben vissuti dell’hard rock o del prog. Nessuna scusa, allora, leggete l’intervista e andate ad ascoltare l’album. Poi tornate qui per ringraziarmi…

Ciao e benvenuto sulle nostre pagine. Tra poco parleremo della tua nuova creatura, ma prima andiamo di presentazioni. Chi sei e che cosa fai?

Ciao, sono Joe Sal e sono un cantautore di Milano. Scrivo canzoni, principalmente in inglese.

Out Of The Box, un titolo, un concept, un flusso creativo nato e cresciuto nel corso del tempo. Dimmi, cosa c’è dentro a questo disco? Non parlo di canzoni, ma di anima…

In molte delle cose che faccio, a livello creativo c’è un retrogusto di malinconia, di introspezione. Per quanto riguarda il mio progetto personale, ho deciso di andare a briglia sciolta e lasciar uscire questo mio gusto “decadente” e viscerale.

Si respira assolutamente. E invece, per quanto riguarda la sostanza, cosa hai inserito in questo disco?

Dopo aver suonato per anni hard rock e prog, avevo bisogno di un luogo metafisico dove riversare le canzoni che avevo scritto negli anni e che non avevano trovato collocazione perché difficilmente etichettabili. Per questo ho chiamato il disco Out Of The Box: una serie di pezzi che non seguivano degli schemi preimpostati, ma che si permettevano il lusso di percorrere terreni liberi.

Possiamo dire che in questo lavoro hai cercato anche di raccogliere gran parte delle sonorità che ti hanno accompagnato nel corso della tua vita?

Direi di sì. Ci sono canzoni che hanno moltissimi anni, almeno per quanto riguarda la fase embrionale. La musica di No Lies l’ho scritta quando ero ancora adolescente, sul balcone di una casa di montagna, all’alba.

Non amo mai collocare un artista all’interno di un determinato genere, vedo la cosa un po’ troppo riduttiva e, in qualche modo, ingiusta. Tu come definiresti la tua musica?

Per semplificare le cose a chi ne deve parlare, dico alternative rock, anche se mi è difficile assegnare una definizione alla mia musica. Sicuramente la radice è rock, ma cerca di non percorrere dei terreni già impostati.

Careful What You Dream è il singolo estratto, un brano fantastico, perfetto per presentare ciò che l’ascoltatore può trovare nel disco. Parliamone un po’.

Ti ringrazio. CWYD è uno dei pezzi più rock del disco. Sicuramente ha delle sonorità alternative un po’ anni ‘90, ma ci sono anche melodie un po’ orientali e gorgheggi che rimandano a Led Zeppelin e simili. In generale è un pezzo un po’ psichedelico, che racconta di un ipotetico dopo-sbronza finito male. Anche il video, diretto da Gigi Tufano, cerca di riprendere le atmosfere psichedeliche. Questo genere di tematiche un po’ oniriche sono effettivamente spesso presenti nel disco.

Dall’hard rock al progressive, dicevamo, ma senza mai porti limiti. Out Of The Box è il tuo disco più maturo e completo?

Sinceramente non saprei. Non mi sento mai abbastanza “maturo”, questo è certo. E per quanto riguarda la completezza, sono uno che non trova mai soddisfazione al 100%, che deve sempre pensare in avanti. Detto questo, sono piuttosto contento di com’è venuto OOTB. Nonostante l’eterogeneità delle canzoni, ha un sound a mio avviso convincente e omogeneo. Merito soprattutto dei fonici Marco Barusso e Dario Valentini, che hanno mixato il disco, e di Marco D’Agostino, che ha curato il mastering.

Quando arrivano produzioni come la tua, lo ammetto, non riesco quasi mai a soffermarmi su determinati brani. Cosa buona, credimi, perchè la situazione determina la bontà massima di un lavoro. Cioè, avrei infinite domande da porti! Aiutami tu, allora, quali sono i brani ai quali sei in qualche modo più legato e perché?

Domanda difficilissima, perché in ognuna delle canzoni c’è un pezzo di cuore. Sicuramente credo che uno dei pezzi più riusciti sia End Of A Friendship, che è il singolo che finora ha ricevuto più apprezzamenti, grazie anche al video diretto da Christian Scorziello. Ha una melodia molto “emotiva”, che rispecchia il dolore della fine di un’amicizia, un sentimento poco esplorato nelle canzoni. Un’altra canzone cui sono molto legato è What I Leave, che è un pezzo acustico. Credo che vi si sentano le mie varie influenze tra Led Zeppelin, Jeff Buckley e Jesus Christ Superstar. Ma soprattutto, il testo parla di Giovanni Falcone, che è uno dei miei eroi. Il bellissimo lavoro compiuto agli arrangiamenti orchestrali dal maestro Angelo Racz ha reso la canzone a mio avviso tra le migliori del disco.

Cioè, e poi mi piazzi gioielli come She Cat o come It’s The Rain, per esempio! Eseguite e interpretae alla grandissima, da brividi. Queste mi mandano a male, mi racconti qualcosa…

Ti ringrazio, sono contento ti piacciano! She-Cat è la canzone più lontana musicalmente dal resto del disco. È un pezzo swing che parla di una gatta triste per l’assenza del suo padrone. Sicuramente è impreziosita dal solo di sax suonato dal grande David Jackson, conosciuto ai più per aver militato nei Van Der Graaf Generator. David è un amico con cui ho condiviso alcuni anni di musica in giro per l’Europa e non solo. It’s the Rain è uno dei pezzi più “ostici” e a tratti dissonanti, ed è forse quello che in assoluto più rispecchia il mio gusto per ciò che è decadente e malinconico (gusto che puoi vedere anche dall’artwork del disco, i dipinti dell’amico pittore Tom Porta). Sono contento che ti piaccia perché non è un pezzo scontato!

Veniamo ai testi, parliamone meglio. Quali sono gli argomenti principali?

Come ti anticipavo, spesso le mie canzoni parlano di ciò che è decadente e malinconico. Ma non in maniera leziosa, oziosa o radical chic. Voglio dire, tra i miei idoli di adolescenza c’erano gli scrittori della beat generation. Quindi una contemplazione di ciò che è marcio e decadente come metafora di certi angoli bui della nostra interiorità. E di come certi raggi di luce come l’arte e la musica possano illuminare questi luoghi bui. Ma tutto questo con uno spirito rock ed energico, mai autocompiaciuto.

Da dove arriva l’ispirazione?

Domanda da un milione di dollari. Semplicemente mi siedo con la chitarra e comincio a strimpellare a caso. È il mio antistress. Poi pian piano escono delle cose che hanno un senso, e da lì comincio a scriverci sopra una canzone. Più che di ispirazione parlerei di “pescare dall’inconscio”.

Quindi, se dico chitarra? Dai, tutto ciò che vuoi. Perché oltre a essere un grande cantante…

Quando facevo hard rock suonavo una Gibson Les Paul Custom nera, che definivo “mia moglie”. Poi non è che abbia divorziato, è che forse sono diventato… poligamo, perché da anni ho una “tele” artigianale costruita dai liutai di Loud Guitars, che consiglio fortemente a chi decidesse di farsi costruire una chitarra che suona da Dio e che sia più versatile della maggior parte degli strumenti a corda in circolazione. Io sono “nato” prima come chitarrista che come cantante. Le mie influenze maggiori erano Joe Perry, Slash, Gary Moore, Jimmy Page, Angus Young… All’epoca mi interessava principalmente l’hard rock. Comunque sono un chitarrista ignorante dal punto di vista teorico, ho imparato suonando a orecchio (con qualche aiuto da parte di mio fratello Ettore, con cui suono tuttora) e ho una formazione principalmente rock-blues. La scoperta poi di terreni più alternativi come Soundgarden, Jeff Buckley, o le dissonanze create da certi gruppi prog, mi hanno aperto nuovi terreni armonici da esplorare.

Ecco, appunto. Ho percepito alcune delle tue influenze, ma provo a chiedertelo ugualmente. Quali sono gli artisti che più hanno aiutato la tua crescita musicale e personale?

Le mie influenze sono molteplici ed è difficile isolarle per trovare la radice di ogni singolo pezzo di questo disco… Sicuramente ho un grande amore per il rock anni ’70: Led Zeppelin, Free… Sono poi un grande fan dei Beatles, di cui ho anche messo su un tributo in versione hard rock (nome della band: Magical Mysteries). Per quanto riguarda il sound sicuramente mi hanno molto influenzato musicisti anni ’90 come Chris Cornell, Jeff Buckley, Pearl Jam, Foo Fighters… Ma come dicevo le influenze sono le più disparate: dal Jesus Christ Superstar a Stevie Wonder, dagli Area ai Muse… Adesso sono curioso di sapere quali influenze hai sentito tu nel disco.

Ti rispondo subito perchè è facile rispondere: i nomi che mi hai fatto ci sono e si sentono, uniti ovviamente alla tua personalità. Per giunta, stai parlando con uno che colloca Chris Cornell nei posti più alti delle sue classifiche. Per questo apprezzo tantissimo il tuo disco. Tocca ancora a me, adesso. Domanda che faccio spesso e che mi aiuta a raccogliere informazioni generali. Situazione musicale in questo, citando Guccini, benedetto e assurdo Bel Paese? La tua…

Certamente la situazione non è facile perché la musica oggi viene ascoltata con molta superficialità e sempre meno gente va a sentire musica dal vivo, se si esclude il singolo artista famosissimo che riempie lo stadio. Interessa più l’evento che la musica in sé. Insomma, la musica sembra diventato un sottofondo per altre cose (video, tiktok, ecc…) più che un medium di massa. Oggi il medium di massa è il social network. E così, in un Paese che è oggi artisticamente al limite del terzo mondo come l’Italia (il che è incredibile, visto il nostro passato), si fatica a trovare spazi per esprimere la propria musica. Detto questo, io alla mia non verdissima età non ho grandi aspettative, mi limito a fare quello che mi piace, sperando che a qualcuno freghi qualcosa di quello che faccio, fossero anche dieci gatti.

Progetti futuri?

Questo sabato 27 alle 21:30 suono in acustico con Ettore Salati a La Casa Di Alex in via Moncalieri 5 a Milano. Ci saranno anche altri due “act”: Riccardo III e The Mads. E poi per il resto si vedrà. Ho in mente di riprendere in mano il tributo rock ai Beatles, e forse anche di registrare qualcuno dei miei pezzi in versione voce + pianoforte con Angelo Racz.

Saluta in nostri lettori, proponendo tutti i tuoi link principali…

La “stazione” di partenza è sicuramente il mio sito: www.joesal.eu . Mi trovate comunque sui vari social: Facebook, Instagram, Threads (X no perché non mi piace la piega trumpista di Elon Musk), TikTok.

Su Youtube mi trovate qui: https://www.youtube.com/joesalchan

Mentre su Spotify qui: https://open.spotify.com/intl-it/artist/4LsW0YWUzXVbSiWz4kJ7Zt?si=wxRjMjjpTUaCG3AT6Lt2Ig

Spero che ai vostri lettori possa interessare la mia musica e ringrazio te per le domande!

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