“Gli uomini, più sembrano perfetti più nascondono qualche sorpresa”.
A. Balasz
Mi ricordo perfettamente, come se fosse ieri, il giorno in cui io incominciai a leggere.
Fino all’età di 19 anni, io non avevo mai letto un libro, e me ne vantavo. Non credevo nella potenza della lettura, proprio perché non l’avevo mai provata: mi sembrava piuttosto qualcosa per secchioni, forse addirittura per effeminati. E questo pensiero lo portai avanti per tutta la mia adolescenza.
Tuttavia, per amor del vero, un libro per intero una volta lo avevo letto, e si intitolava “Mo je faccio er cucchiaio” di Francesco Totti. Mi ricordo ancora dove mi trovavo quando lo lessi e quanto, soprattutto, ci misi a leggerlo: era una sera (di chissà quale mese) prima di andare a dormire, per una durata totale di lettura di circa venti minuti per un libro che saranno state né più né meno ottanta pagine, scritte tra l’altro a caratteri cubitali.
Tutta la mia lettura si era concentrata in quest’unico libro: e tuttavia non nascondo una sorta di pudore nello scrivere ciò in questo momento, e in particolar modo per quale fosse l’unico libro che avevo letto.
Detto questo, eppure io ero un ragazzo particolarmente acculturato, sopra la media dei miei coetanei. Infatti, andavo molto bene a scuola, e i professori mi tessevano sempre le lodi: ero il loro pupillo, benché non eccellessi, in particolare nelle materie scientifiche, in nessuna materia in particolare: bazzicavo tra il sette e l’otto in quasi ogni disciplina.
Andavo bene a scuola soprattutto perché imparavo le nozioni a memoria, non capendo tuttavia quello che studiavo e inoltre davo il giusto peso alla scuola: preferendo di gran lunga andare a giocare a pallone al parco, anziché passare intere giornate a studiare.
Affidavo dunque alla mia grande memoria, in sintesi, la mia carriera scolastica, dato che mi bastava leggere una pagina solo una volta per ricordarla, e bene.
Ma, prima o poi, nella vita ciò che ti piace, ciò che ami e ciò che realmente sei, la tua vera natura, insomma, viene inesorabilmente fuori, come sbocciano fiori in primavera dopo un lungo inverno.
E piano piano con il tempo, rivelatore di cose, queste cambiarono.
Tutto ebbe inizio con l’esame di Maturità, in cui un po’ per paura, un po’ per volontà, incominciai ad appassionarmi a ciò che studiavo: in particolare per Pirandello e le sue “maschere” per l’italiano, per la filosofia di Seneca e per satira di Giovenale per il latino, per i racconti morali di Plutarco per il greco ecc… tutti quanti presenti nella mia tesina svolta su Giorgio Gaber, il quale cominciai ad ascoltarlo e apprezzarlo proprio in quel periodo, e che ascolto ancora oggi, con lo stesso piacere di quelle prime volte.
Mi appassionai quindi a poco a poco a quelle letture, e più in generale cominciai a guardare alla letteratura con occhi diversi, sebbene essi fossero tuttavia ancora molto acerbi.
Eppure, la maturità non fu la sola causa che mi portò ad amare la lettura in modo spropositato: è stato anche grazie a una ragazza.
Allora mi piaceva una mia coetanea, la quale, pur facendo il nautico, era davvero molto colta e allora io, per apparire ai suoi occhi all’altezza della situazione, incominciai a leggere, a informarmi e a incuriosirmi, insomma, a tutto ciò che può entrare sotto a quel grande ombrello chiamato cultura.
E da allora non mi fermai più, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Ti ho raccontato, però, diciamo, l’antefatto (la Maturità) e la postfazione (le letture iniziali insieme alla ragazzina dell’epoca), ma non l’episodio chiave, principale, decisivo che, come uno spartiacque, ha cambiato la mia vita, aprendo la mia mente all’amore per la lettura.
Dopo la maturità, avvenuta nel 2015, andai come di consueto, come accadeva dopo la fine di un anno scolastico, nel paese originario di mia madre, a Orvieto.
Siccome l’amore per la lettura stava sbocciando in me, appena arrivato al paese, me ne andai subito in libreria per curiosare un po’.
E dopo un’attenta analisi di ogni singolo libro che erano qui presenti (era una piccola libreria, una libreria da piccolo paese appunto) il mio occhio cadde su un libro gigantesco che conteneva tutte le opere di Platone, con pure il testo originale in greco accanto alla traduzione in italiano.
I miei occhi allora brillarono in un sol colpo, il mio cuore cominciò a battere forte, e cominciai a tremare tutto dalla felicità. Era appena nato in quel momento, in quella libreria, un amore nuovo: l’amore per la lettura che ancora adesso mi accompagna, togliendomi in un colpo solo dal mio corpo tutti quei pregiudizi che tenevo fino a quel momento sui libri.
Ma c’era ancora un ostacolo da vincere, il prezzo del libro era molto alto: 19,90 € e ai tempi non portavo con me i soldi quando uscivo.
Me ne tornai quindi triste a casa, come un innamorato deluso, non avendo potuto comprare quel libro che tanto mi aveva fatto emozionare.
Avrei potuto chiedere i soldi a mia madre. Ma io sono stato sempre un ragazzo molto restio nel chiedere ai miei genitori di comprarmi qualcosa, forse perché sentivo di non meritarmelo, a causa dei miei grandi sensi di colpa che tenevo già da bambino, ma anche ora, seppure in maniera minore. Vuoi anche per pudore, o vuoi anche perché non avevo voglia di questionare con mia madre che mi avrebbe a tono risposto in questo modo, se le avessi chiesto dei soldi per un libro: “tanto tu i libri non li leggi mai, è una spesa inutile, tutti i libri che ti sei comprato non li hai mai finiti, per cui è inutile spendere venti euro per questo libro ecc. ” dato che oramai conoscevo molto
bene le sue reazioni per qualunque cosa le chiedessi. Per cui, seppure armato di buoni propositi, di buona volontà e di sentimenti genuini, non chiesi i soldi a mia mamma per quel libro che tanto bramavo.
Arrivato comunque il giorno successivo, non mi ricordo per quale motivo, mi sedetti sulla panchina di fronte a casa mia, ancora mogio mogio per ciò che era accaduto il giorno precedente, e così ancora il mio sguardo vagava perduto nel vuoto, fino a che
-miracolo! – come un segno del destino, trovai proprio sotto quel sedile su cui ero seduto, proprio una banconota azzurra da venti euro! E da allora l’azzurro divenne il mio colore preferito.
Ad ogni modo, giunsi al settimo cielo -non ci potevo credere- e allora mi fiondai di corsa in libreria, sperando vivamente che quel libro fosse ancora sul suo scaffale e che nessuno nel frattempo l’avesse acquistato; e quando vidi che il libro per fortuna c’era ancora, lo afferrai come si afferra un salvagente durante un naufragio, e mi recai alla cassa, dopo averlo guardato ancora per un po’, e con i soldi di chissà chi lo comprai.
E appena giunto a casa, come si gode di una cosa bella, iniziai a leggerlo con quell’ardore, quella smania, quella passione che accompagna tutte le prime volte, e lo lessi (iniziai, mi ricordo con l’’Apologia di Socrate”) con una gioia che non ebbi mai provato nel corso della mia vita.
Sentivo dentro di me di aver trovato la mia strada, il mio luogo nel mondo, sentivo che la mia vita era iniziata.
Chissà se non avessi trovato quei soldi per terra a quest’ora dove mi sarei trovato, se comunque l’amore per la lettura sarebbe emerso ugualmente, oppure se la vita mi avrebbe portato su un’altra strada, sfiorando solo per un momento la bellezza e la potenza della lettura.
Ma tutte queste sono sliding door (il cui tema mi affascina moltissimo) che ogni giorno ci capitano davanti. Magari se un giorno ti trovi davanti a un incrocio in una strada, e tu svolti a destra puoi trovare la morte, magari se giri a sinistra puoi imboccarti nell’amore della tua vita.
Noi non siamo solo le scelte che compiamo, siamo anche nelle mani del destino, o della sorte che dir si voglia, al quale piace plasmare, come un puzzle, le nostre vite a suo piacimento.
Tratto dal libro “Pensieri” di Andrea Taranto.