Articolo di Riccardo Gramazio
Il 14 settembre del 1980 è una data che gli amanti italiani del rock and roll non dovrebbero mai dimenticare. Abbiamo una band, i Ramones, e abbiamo una location straordinaria, il fossato di Castel Sant’Angelo a Roma, praticamente a uno sputo dalla basilica di San Pietro e dalla Città del Vaticano. Sottolineo questo aspetto perché, a mio modo di vedere, è davvero molto punk. Cioè, voglio dire, i maestri del genere proprio lì, a qualche passo dalla sede universale del cattolicesimo. Dopo aver fatto casino a San Remo, a Genova e a Milano, i fratellini Joey, Johnny, Dee Dee e Marky raggiungono quindi la capitale, richiamando l’esaltata attenzione del popolo punk.
Il disco che i Ramones stanno promuovendo è End Of The Century, il discusso lavoro prodotto dal rivoluzionario Phil Spector, il papà del Wall Of Sound, curatore tra gli altri di Let it Be (1970), ennesimo successone dei Beatles. L’album, il quinto dei Ramones, presenta sonorità differenti e inusuali, più vicine al pop e, se vogliamo, più complesse e distanti dal punk crudo dei predecessori. La storia ci mostra un produttore perfezionista, spietato in fase di registrazione e molto esigente con gli artisti, per certi versi persino paranoico. Beh, e si parla anche di uno Spector armato di pistola e piuttosto minaccioso…
End Of The Century costa più o meno 700.000 dollari, non certamente noccioline. Le vendite sono molto buone, ma l’album non convince realmente i fans di vecchia data, anzi, le polemiche non mancano affatto. In ogni caso, buon disco o no, il richiamo romano dei Ramones è troppo forte e l’evento, dopo i precedenti più a nord, si preannuncia fantastico.
La serata è calda, tendente al rovente. Lo show viene aperto dagli italianissimi The Raff, formazione metal di tutto rispetto, che proprio a Castel Sant’Angelo tocca il punto più alto di una carriera mai del tutto decollata.
Bene, finalmente ci siamo, i Ramones salgono sul palco. Il look è quello entrato con prepotenza nel mito: jackets in pelle nera, jeans e maglietta. One, two, three, four di rito e poi via con il pogo feroce.
Adrenalina, baccano e anima rock. Non c’è spazio per il virtuosismo, per la classe, ma solo per la rabbia, per la semplicità e per la velocità. I Ramones sparano a raffica circa venticinque brani da due minuti, tre al massimo, vere e proprie cannonate, siluri che sembrano nati soltanto per far sudare fino allo sfinimento i presenti. Punk e nulla più…
I classici ci sono tutti, da Rockaway Beach a I Wanna Be Sedated, da Teenage Lobotomy a Sheena Is a Punk Rocker. E ancora Rock ‘N’ Roll High School, Blitzkrieg Bop o la cover di Surfin’ Bird dei Trashmen, contenuta nel terzo Rocket to Russia del 1977.
Spettacolo puro, fortunatamente ripreso dalla RAI e ancora presente sul web.
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