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ROXY MUSIC

Articolo di Emilio Aurilia

 

Senza nulla togliere a Phil Manzanera (chitarra), Andy McKay (oboe e sax)e soprattutto al geniale Brian Eno (sintetizzatore)che ne ha fatto parte agli esordi, i Roxy Music sono una creatura del cantante pianista Bryan Ferry che si è inventato una band dalle caratteristiche molto particolari, passata da un rock “spaziale” basato su svisate lunari e talora stridenti del sintetizzatore e dei nastri di Eno, ad un sound più vicino al pop pur mantenendo le caratteristiche iniziali seppur sfumate, iniziate proprio all’indomani dell’abbandono del citato Eno dal terzo album Stranded del 1973 sostituito da Eddie Jobson già Curved Air. L’album in questione annovera anche l’arrivo dell’ex fondatore dei Quatermass il bassista John Gustafson.

Nel 1975 con l’album Siren e il brano di punta Love Is The Drug, continua ad esercitare l’interesse del gruppo anche da noi in Italia.

L’album del 1980, Flesh + Blood presenta molti session men fra cui Simon Phillips (percussioni) e Alan Spenner (basso) dopo che la band si è ridotta ai soli Ferry, Manzanera e McKay. È comunque un album piacevole in cui spiccano le antitetiche cover In The Midnight Hour di Wilson Pickett e Eight Miles High dei Byrds.

Ferry, oltre a comporre il maggior numero di brani dei dischi del gruppo, ha avuto anche modo di coltivare una intensa attività solista prima parallela come accadeva per Rod Stewart mentre militava nei Faces, e poi definitiva senza l’ombra dei Roxys, impostata sulle sue passioni un po’ rétro del rock e dello swing anni cinquanta, passando attraverso riuscite cover come la poco nota You won’t see me dei Beatles dall’album Revolver.

La band cesserà l’attività comune nel 1983 dopo aver regalato al pubblico l’ultimo successo, l’accattivante More Than This dall’album Avalon anch’esso zeppo di session men.

 

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