Articolo di Giovanni Tommasini
Sinner ha abbattuto il muro di gomma chiamato Medvedev.
Finalmente. Ha vinto il nono torneo ATP.
Ed è solo all’inizio della sua carriera sportiva.
Riscriverà la storia del tennis italiano.
In semifinale ha sconfitto il predestinato.
Il futuro sarà nelle loro corde.
Sinner ha battuto per la quarta volta Alcaraz.
E’ diventato il quarto al mondo nel massimo circuito professionistico del tennis, conduce quattro match a tre sul fenomeno spagnolo, già numero uno al mondo, il più giovane di sempre sulla vetta della classifica ATP.
Com’è arrivato a questi risultati storici il tennista altoatesino?
Se ripercorriamo la carriera degli ultimi anni, dal suo esordio nel circuito professionistico ad oggi, è possibile delineare alcune caratteristiche che andrebbero restituite e proposte in tutte le scuole, a chi si sta ponendo domande su come riuscire a diventare autore del proprio destino, e a chi si sta affacciando alla vita, prima di esserne per sempre rapito.
SINNER HA FATTO DELLE SCELTE, PERSONALI, E LE HA PERSEGUITE.
Scegliere non è semplice, gratis, e soprattutto è faticoso.
Immaginarsi un percorso, creare un progetto e porsi degli obiettivi da raggiungere.
Nel circuito ATP tutti si approcciano in questo modo, ognuno scegliendo il proprio percorso, intraprendendo un cammino, accettandone la fatica, nel tentativo di raggiungere risultati.
E’ possibile trarre insegnamenti preziosi dall’esempio che ogni giorno, ogni partita, ogni torneo perso e vinto, campioni quali Sinner, Alcaraz, e tutti coloro che intraprendono una carriera professionistica, esprimono con il loro incedere per proporsi nell’agonismo quotidiano.
Come se avessero inizialmente risolto e risposto definitivamente ad una domanda madre?
Ho talento, posso conseguire risultati, cosa faccio?
Non scelgo nulla, e mi tengo la sicurezza che nulla raggiungerò, o mi metto in gioco, in crisi, accettando e vivendo la fatica del disequilibrio, il dubbio di non riuscire, le sconfitte di gran lunga superiori alle vittorie, ma scelgo di provarci?
Perché nella vita la differenza la fa l’intenzione, la disponibilità a stare in più possibile nel dubbio, a vivere l’incertezza come una possibilità di arricchimento, crescita, scoperta, di se stessi e delle possibilità che la vita, la realtà, propone nel nostro incedere quotidiano. Sinner ha scelto di mettersi in crisi, di non accontentarsi di una carriera sicura tra i primi 30 al mondo, di immaginare, creare in sè il percorso più difficile, come riuscire ad abbattere muri in successione.
“Voglio riuscire a battere i top ten” un giorno disse, rendendosi conto che era sulla soglia dei primi dieci al mondo e se rimaneva a fare sempre le stesse cose non sarebbe mai riuscito ad entrare nell’olimpo dello sport che gli stava dando delle possibilità.
Ha fatto delle scelte, coraggiose, criticate da molti, ma convinto che almeno avrebbe avuto il ricordo di averle fatte, averci provato, a prescindere dall’incertezza dei risultati.
Mettendo sul piatto, oltre che la disponibilità a creare disequilibri, a mettersi in crisi appunto, anche un altra qualità fondamentale per sperare di riuscire nei propri intenti.
Una linea, un filo, da tenere sempre presente, una rotta da avere di fronte, come un orizzonte da perseguire, prendere, con il timone ben fermo tre le proprie mani, a prescindere dalle cadute, rialzandosi ogni volta con il pensiero del percorso da perseguire.
Ed eccoci qui.
Il secondo italiano nella storia a essere al numero quattro del mondo.
Sicuramente una tappa di un personale Tour de France, con un arrivo finale ancora molto lontano, vista la giovane età.
Un canovaccio novecentesco che pare ormai dimenticato, ognuno di noi, genitori e figli, persi in uno schermo di un device.
La disponibilità a rimanere in gioco, a frequentare due piattaforme social ormai senza più follower.
Essere vivi e scendere a rete.
Uno slancio rischioso, faticoso, affascinante.
La possibilità di toccare con mano e vivere la felicità.
L’avversario, l’Altro, la pallina, la Realtà.
Due prospettive, due altrove, da rispettare e amare, nella misura in cui altro non sono che le vie maestre per realizzare se stessi.
Per essere, nelle sconfitte e nelle vittorie, gli autori e i padroni del proprio destino.