Classe 1966 come Häßler, è un terzino come se ne sono visti pochi nel nostro campionato. Velocissimo, fluidificante destro in un campionato in cui, per tradizione, chi fluidifica occupa la corsia di sinistra, da Facchetti a Cabrini a Paolo Maldini, giusto per citare i maggiori interpreti. Reuter è un tipo tosto, il Trap vorrebbe usarlo anche come mediano. Peccato che Stefan sia un giocatore dal rendimento incostante e che, spesso, è bloccato da infortuni che gli fanno perdere i momenti chiave della stagione, tutto il contrario dell’inossidabile Kohler, arrivato insieme a lui dal Bayern Monaco.
Appena arrivato a Torino, si deve operare al menisco. «È stato facile tornare in campo dopo appena diciannove giorni, l’operazione, effettuata dal professore Pizzetti, è andata benissimo e la rieducazione altrettanto. Del resto, il centro Sisport di Orbassano è attrezzatissimo e dispone dei macchinari più moderni. Volevo operarmi in Germania, ma mi sono fidato dei consigli del dottor Bergamo, il medico della Juventus. Mi ha garantito che in Italia avrei trovato il meglio ed ha avuto ragione».
Purtroppo, alla Juventus serve un centrocampista e Reuter è un terzino destro velocissimo. Siccome Stefan proveniva dal Bayern e aveva vinto il Campionato Mondiale nel 1990 con la sua Nazionale (non stiamo parlando, quindi, di uno sconosciuto proveniente da un campionato alieno), quell’errore è stato semplicemente imperdonabile. È vero che gli infortuni contribuirono a complicargli la vita ma Stefan non aveva il passo, la visione di gioco, la lucidità e la continuità d’azione del centrocampista.
Viceversa, come esterno, preferibilmente di una difesa a cinque, avrebbe potuto esibirsi nei suoi numeri migliori: forza, velocità, recupero. In Germania giocò anche qualche partita come difensore centrale, proprio per la sua capacità di andare a prendere l’avversario: «Ho cominciato la carriera da libero, nel Norimberga, per essere poi trasformato in mediano nel Bayern. Ma, nella squadra bavarese, ho agito spesso da laterale destro, posizione nella quale posso esprimermi meglio. In Germania, c’erano meno obblighi e per questo mi sganciavo di più, all’attacco. Qui in Italia, esistono precisi doveri di marcatura e contenimento».
Il bilancio finale conta trentaquattro presenze e una costante incertezza di collocazione tattica che non gli vale la riconferma. Reuter troverà gloria tornando in patria e nel 1997, nel Borussia Dortmund degli ex bianconeri, si vendicherà della Juventus nella finale di Champions League.
FILIPPO GRASSIA, “HURRÀ JUVENTUS” GENNAIO 1992:
La notizia risale alla primavera del 1990. Reuter divenne juventino quasi contemporaneamente a Häßler, ma problemi di bilancio (?) e di scelta (?) fecero slittare il suo arrivo di dodici mesi. Quanto bastò alla Juve per soffiarlo al Bayern a prezzo di parametro UEFA, con un risparmio di almeno quattro miliardi sulle richieste del club bavarese.
Un grosso colpo. In Italia non l’abbiamo capito né apprezzato. Portare via un giovane campione alla società più blasonata (anche se attualmente in ribasso) del calcio tedesco è impresa da segnare sull’agenda: una cosa è acquistare Rummenigge a prezzo di affezione, a carriera quasi conclusa e muscoli incidentati, un’altra è giocare d’anticipo con un giocatore alla Reuter e invogliarlo a prendere la strada del calcio italiano. È quanto i dirigenti juventini sono riusciti a fare.
Oggi Reuter è una pedina essenziale della Juve di Trapattoni, che abbisogna di calciatori eclettici. Uno come lui è difficile trovarlo, forse impossibile. Come laterale destro è formidabile. La sua progressione è degna di un centometrista: in un’occasione ha fermato i cronometri sui dieci secondi e otto decimi dopo una volata di 100 metri. In corsa diventa incontenibile per via di una statura (181 centimetri) che non è facile riscontrare in un lavoratore del pallone.
A vederlo correre su quella fascia viene facile porsi la domanda: ma questo tedesco ce la farà ad andare avanti e indietro ancora una volta? Statene certi: ce la farà. Il medico del Bayern, dal cognome lunghissimo che ci e vi risparmiamo, si sorprese di fronte alla capacità polmonare di Reuter, capace di trattenere oltre sette litri d’aria. Come Coppi o come Merckx, tanto per fare due nomi. Nel calcio si tratta di un piccolo record che garantisce circa la sua forza organica. Chiamarlo Rambo non è poi eccessivo.
Chiudiamo la parentesi sulle sue capacità fisico-atletiche e torniamo all’eclettismo. Che sia un laterale destro di indubbie doti, abbiamo detto. Qui aggiungiamo che Reuter può giocare stopper oppure libero oppure mediano in mezzo al campo. Mettetelo dove volete, il tedesco dal volto arcigno e dal sorriso mica tanto facile non deluderà.
Dimenticavamo che la sua capacità di concentrazione è enorme. Di lui non scriveremo tanto spesso che ha compiuto errori di disattenzione. Guardatelo in campo: la fronte corrugata, la grinta dipinta sul volto scavato, la muscolatura in rilievo, l’incapacità di recepire stimoli che non provengano dalla partita. Poi lo guardi fuori dal campo e ti accorgi che Reuter non è un mostro ma dimostra in tutto e per tutto i venticinque anni compiuti lo scorso 16 ottobre.
Nel suo curriculum figura la vittoria al Mondiale disputato nel nostro paese. Un segno del destino, che aveva già avuto un prologo nell’aprile del 1987, quando il nostro esordì in Nazionale proprio contro l’Italia a Colonia. E adesso è pronto a sfondare anche da noi, o meglio a confermarsi. Con il Bayern ha conquistato due titoli. Come dire che è un vincente.
Nel suo futuro c’è un sogno, quello di vestire i panni del libero: ne ha certamente le qualità che gli derivano da quella forza atletica e morale di cui abbiamo scritto. Chissà che Trapattoni non lo accontenti, affidandogli le mansioni che attualmente sono del brasiliano Julio Cesar. In questo caso lo vedremo alle spalle di Kohler anche in Nazionale.
Una coppia eccezionale, non pensiamo ne esista una più affidabile al mondo. Una garanzia in fase difensiva (chi mai sfuggirebbe a Reuter?), ma anche un punto di riferimento per il centrocampo, che potrebbe avvalersi, alternativamente, di uno dei due tedeschi.
Per l’ennesima volta, quindi, Boniperti ha visto giusto. Ed è probabile che, se fosse rimasto alla Juventus, Reuter sarebbe arrivato un anno prima alla società bianconera. E pensare che Stefan, poco prima di essere bloccato dalla Juve, aveva confessato di aspirare a due squadre: una era il Real e l’altra era l’Inter. Invece è finito nella Juve, dove potrebbe rimanere a vita. E non solo per ragioni economiche.
Un bel rischio, che ne dite?
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