Steve Marriott (chitarra e voce), Ronnie Lane (basso e voce), Ian McLagan (tastiere) e Kenney Jones (batteria) nel 1965 erano gli Small Faces, artefici di un beat rock pieno di simpatici spunti dovuti alla genialità del chitarrista in una band attenta soprattutto al mercato dei singoli (allora 45 giri) come d’uso al tempo. “Sha La La La Lee” (1966), “Itchycoo Park”, e “Lazy Sunday” nei due anni successivi, sono brani piacevoli e realizzati con notevole professionalità. L’abbandono di Marriott dopo l’interessante “Ogdens’ Nut Gone Flake” un concept da cui è stata estratta la citata “Lazy Sunday”, causa qualche momento di difficoltà per i superstiti che presto si gioveranno della crisi di un’altra band: il Jeff Beck Group da cui usciranno il cantante Rod Stewart e il chitarrista/bassista Ron Wood. Abbreviato il nome in Faces, comincia per la formazione un periodo fulgido, grazie soprattutto alle superbe interpretazioni vocali del nuovo arrivato che già coltiva una parallela attività solista coadiuvato in studio proprio dai membri della costituenda band. “Long Player” (1971) resta fra i migliori episodi del gruppo reggendosi soprattutto sulla “Maybe I’m Amazed” di Paul McCartney cui forniscono una brillante prova interpretativa. Il seguente “A Nod Is As Good As a Wink to a Blind Horse” reca come punti di forza la grintosa spumeggiante “Stay With Me” e “Memphis”, cover da Chuck Berry; ma l’entusiasmo per il complesso è sminuito dal crescente interesse per le prove soliste del cantante e “Oo La La” (1973) con la copertina dedicata a Ettore Petrolini e che si giova del simpatico brano eponimo country per la voce di Wood, parla già lo stanco linguaggio routinario che condurrà all’inevitabile “Rompete le righe!”. Sono seguiti vari tentativi di reunion specialmente dal vivo, ma pochi se ne sono accorti.