Film del 2022 per la regia di Robert Eggers. đź”” RECENSIONE SENZA SPOILER đź””
Il Giovane Amleth è un Principe delle Terre del Nord cresciuto nello spirito dei Vichinghi e nell’adorazione del padre Aurvandill.
Al ritorno da una delle numerose battaglie, padre e figlio insieme affrontano una cerimonia che segna l’ingresso nell’età adulta del Principe; purtroppo appena il rituale si conclude un gruppo di uomini mascherati li attacca uccidendo barbaramente il Re.
Il giovane Amleth riesce a mettersi in salvo, non prima di aver riconosciuto nel capo degli aggressori il fratello del suo stesso padre: lo zio Fjölnir.
Precipitatosi al vilaggio in cerca di aiuto, trova la sua casa sotto assedio e sua madre, la regina GudrĂşn, ostaggio.
Decide quindi di fuggire per mare, cercando di rimanere vivo e compiere la sua vendetta.
E se le cose sembrano non poter andare peggio, è da questo punto che iniziano ad andare veramente storte!
Robert Eggers, al suo terzo lungometraggio, è già considerato un regista di culto.
Il suo primo film, esordio anche per la protagonista Ania Taylor-Joy che ritroviamo in questo, è un horror che molti critici hanno definito “alto” per la capacità di incutere vero terrore solo con atmosfere e immagini: nessun jumpscare, nessuna gratuita concessione a sangue o viscere.
Difatti in The Witch c’è già tutta la cifra stilistica di Eggers: la realizzazione del film è stata frutto di un lungo e meditato processo di gestazione in cui il regista (che è anche sceneggiatore) ha infuso tutto quanto era possibile dire, con l’afflato un po’ ossessivo del genio perfezionista.
Nemmeno con il secondo film, The LightHouse, le cose cambiano: sempre concentrato sull’atmosfera e l’ossessiva percezione dell’immagine, si concede qualche vezzo in più, gira in bianco e nero e riduce all’osso il cast.
E sì, siamo di nuovo nell’horror d’autore, del tipo che trascende il genere ma che ti fa lasciare l’alone sudatino sulla poltrona del multisala.
Arrivano poi la fama e con essa i soldi, ed allora ecco che Eggers è pronto a buttarsi a capofitto su The Northman, film costato tra i 70 e i 90 milioni di dollari, che riesce nell’intento di consacrare il regista come autore di classe e per le masse, ma che purtroppo mette sul piatto del compromesso un pezzetto della sua anima sperando che gli sia valsa almeno la metà del budget.
Il film, infatti, se da una parte sublima l’estro artistico dell’autore, dall’altro baratta una buona fetta della sua poetica.
Lunghe scene di battaglia, coreografate un pelo oltre il necessario – compresa una veloce incursione nel “Quidditch dei Vichinghi” – sono visivamente appaganti ma segnano il passo e lasciano indietro le suggestioni del film.
Suggestioni che definire “derivative” è poco.
Già dalle prime scene, quando facciamo la conoscenza col giovane protagonista, è evidente l’ispirazione.
Attenzione, però: l’Amleth a cui fa riferimento Eggers non è quello di Shakespeare, essendo anch’egli una derivazione, ma direttamente dall’originale, il mitico personaggio di Saxo Grammaticus, storico danese vissuto intorno al 1200.
Non è quindi un caso che tutta la messa in scena, e dico veramente tutta, sappia di “già visto” ad un occhio non dico addentro al topos narrativo degli ultimi mille anni, ma che abbia visto film, a loro volta derivativi, della filmografia di John Boorman o Nicolas Winding Refn, ma anche il cinecomico Beowulf di Robert Zemeckis.
La trama finisce quindi per essere davvero poca cosa, purtroppo, e il plot twist a cui il film ci prepara fin dalle prime sequenze è a dir poco telefonato.
Una regia che improvvisamente forza il punto di vista su certi dettagli, all’apparenza insignificanti, sottolinea invece che occultare ciò che vorrebbe nascondere en plein air .
Allora, viene da chiedersi, dove sia il vero valore del film.
E la risposta, per una volta, è la più semplice: nelle immagini.
Eggers offre due ore e venti di puro spettacolo per gli occhi, uno sfoggio di bellezza come raramente si è visto.
Una fotografia fredda e disillusa che mostra la natura brutale del mondo e degli esseri umani, con delle rapide ma immaginifiche incursioni in mondi fantastici che sembrano usciti dai sogni di un pittore folle.
Poche cose sono paragonabili, nella resa, alle scene di lotta e per fare un adeguato paragone bisognerebbe rivolgersi a film che hanno o ben altro budget o ben altro genere.
Alexander Skarsgård, nel ruolo di Amleth, lascia lo spettatore appagato, riuscendo a tenere il personaggio in bilico fra il prode e l’ottuso, un bamboccione monocorde con il talento per il massacro che riuscirà , alla fine, a compiere il suo arco narrativo in modo epico e coraggioso.
Anya Taylor-Joy eterea come sempre, si lascia cullare dal suo istinto ferino e torna in quel ruolo sospeso fra mondo reale e mondo fatato che tanto le si addice.
Bjork nel piccolo ruolo della veggente regala brividi a secchiate.
Ethan Hawke e Willem Dafoe fanno poco piĂą che un cameo, ma inutile dirvi che strappano applausi a scena aperta.
Nicole Kidman, in stato di grazia, ci ricorda che una grande attrice sia tale nonostante l’immobilità dei muscoli facciali, offrendo un’interpretazione solidissima ed efficace.
L’unico punto debole del film, ribadisco, è in una trama troppo esile e con un colpo di scena prevedibile perché tipico.
Per quanto ciò un po’ ammazzi il pathos della narrazione, il film riesce comunque a non farti distogliere lo sguardo nemmeno per un attimo, e gli si perdona qualche scivolone nel baratro del “patto narrativo”.
L’opera del regista, inoltre e non per ultimo, è una dimostrazione orgogliosa, sfacciata al limite dello svergognato, di cultura cinefila, letteraria, fumettistica e videoludica che, credo, non abbia precendenti; Eggers è un vero autore della sua generazione e usa tutti i mezzi disponibili per bussare alle porte degli Isu.
Pura, strabordante, lussuriosa, appagante ed epica opera visuale.
VOTO: Quattro ciaKKini e mezzo 🎬🎬🎬🎬 e 1/2, perché, anche se non originale, rapisce i sensi e alla fine galvanizza come la cavalcata della più selvaggia fra le Valchirie!
Cristiano Dalianera, 07/05/2022
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