Articolo di Emilio Aurilia
Nato il 14.2.1947 a Washington ma cresciuto in California, ha bazzicato fin da giovanissimo nei circuiti folk ponendosi presto all’attenzione del discografico Herb Cohen che gli consente la pubblicazione, ad appena diciannove anni, di un album che porta il suo nome. Mentre le sue credenziali crescono, cresce in Buckley il desiderio di sperimentare un approccio più ardito e al tempo stesso più libero della propria musica. Vedono così la luce nel medesimo anno (1970) “Blue Afternoon” e specialmente “Lorca” che lo conduce all’attenzione di molti noti jazzisti che apprezzano le frequenti aperture verso quel genere. La positiva sperimentazione iniziata vivrà il suo completamento l’anno successivo in “Starsailor” da molti considerato il suo capolavoro. Il sound dei citati tre prodotti difatti, pur mantenendo una certa impostazione folk di base, vira decisamente verso una forma di jazz d’avanguardia sperimentale e atonale in cui la voce del musicista diventa un vero strumento dilatandosi fino al superamento dei limiti naturali, quasi una disperata sirena che ulula i testi carichi di un enorme disadattamento esistenziale. Ma come sempre, ad un’ovazione di critica, fa da contraltare un flop nelle vendite che condurrà l’artista a tacere per un paio d’anni, pubblicando successivamente tre album stilisticamente ineccepibili, ma più di maniera e senza dubbio privi di quella originalità della precedente produzione che non potrà mai più ripetersi per la sua prematura scomparsa avvenuta per overdose nella notte fra il 28 e il 29 giugno 1975.