a cura di Riccardo Gramazio (Ricky Rage)
Si può invecchiare con il rock and roll? La risposta è semplicissima, più che elementare, e i Going To Hell sono qui a spararcela in faccia. Un pugno in faccia, a dirla tutta. Questi signori di Roma hanno il rock nelle vene e a noi la cosa piace molto. Hanno esperienza, hanno voglia, grinta e, soprattutto, hanno l’età giusta per insegnarci cose, all’insegna dell’energia sonora, quella più ribelle e selvaggia. Il nuovo e ferocissimo Back To The Roots riassume alla perfezione anni e anni di vita, di lotta, di ribellione. Il chitarrista Angus Bidoli e il cantante Giulio Ciacciarelli, con Iggy Pop e tutti gli altri grandi eroi nel cuore, vanno a ruota libera, senza peli sulla lingua, senza sconti.
Si può invecchiare con il rock and roll? Cazzo, è obbligatorio! E chi se ne fotte dell’inferno… andiamoci pure!
Eccoci, ragazzi, benvenuti su MDN. Presentatevi subito ai lettori…
Un saluto a tutti i lettori . Siamo i GOING TO HELL di Roma .
So che venite da mondi diversi e avete diverse esperienze alle spalle. Come è nato il progetto GTH?
AB: L’esperienza non ci manca di certo, siamo dei “vecchietti” ancora agitati che hanno bisogno di sfogare i propri istinti rockettari, e i GTH sono il campo perfetto per i nostri giochi. Il progetto nasce quasi per gioco, l’idea era quella di eseguire brani degli Stooges e Iggy Pop, ma ben presto l’ambiente stesso ci ha incoraggiato a provare a scrivere qualcosa di inedito, che ripercorresse quel tipo di sound e la cosa non ci è affatto dispiaciuta, anzi , c’è sempre grande energia nel creare qualcosa di proprio e lo abbiamo accolto felicemente. Ognuno di noi proviene da scene musicali differenti. Attualmente sono leader della storica metal band dei Fingernails, che esiste dal 1981 (e che molti di voi conosceranno). Dopo aver trascorso la mia adolescenza da accerrimo nemico del movimento punk, nel corso degli anni ho scoperto che in realtà quei “nemici” sono divenuti nel frattempo i miei migliori amici, e non lo dico in quanto persona matura. Devi sapere che la mia attitudine è nata agli albori del movimento metal, influenzato più dalla compattezza sonora che dal sound sgangherato del garage e in cui la voglia di far festa con gli alcolici dei metal kids si scontrava con il “no future” della generazione punk, mossa più da rabbia e frustrazione. In fondo questo tipo di atteggiamento tipicamente adolescenziale ha smosso una serie di reazioni a volte violente dove sfidarsi è stato preso come un gioco, ma che gioco non è stato perchè spesso ci si è scontrati sfiorando la tragedia. Per me suonare nei GTH significa avvicinarmi a un mondo che nel tempo ho frequentato assiduamente, ma che non ho mai sfidato su un palco a suon di RnR. Questa è l’occasione giusta .
GC: Come dice Angus Bidoli, siamo nati quasi per gioco, e non a caso, ricordando Funhouse degli Stooges. Alla fine questa esperienza è diventata la nostra sala divertimenti, quel posto in cui poter stare a tuo agio, facendo qualcosa che ti piace con i tuoi amici migliori. A qualcuno piace il biliardo, altri giocano a carte, alcuni si sfogano sui social e altri ancora fanno quello che vogliono, che sia legale o meno. Per noi una sala prove dove ritrovarci a bere qualche birra in compagnia per un paio d’ore, dove stare insieme, cazzeggiare, chiacchierare e soprattutto impegnarsi in un qualcosa di creativo è tuttora il modo migliore per uscire dai nostri ruoli istituzionali, che siano quelli professionali o familiari. La sala ha cementato un’amicizia istintiva e profonda, che attendeva di svelarsi con una circostanza del genere, anche se in giro più o meno ci vediamo e ci annusiamo da una vita, essendo tutti sopra i 50.
Quanto è stato complicato gestire, amalgamare e far coesistere pensieri musicali differenti? Spesso le varie contaminazioni dei membri rappresentano la forza stessa di una band…
AB: Verissimo, abbiamo influenze totalmente differenti, c’è chi come me ama i Motorhead, chi i Clash o gli MC5, ma ci ha principalmente accomunato la passione per gli Stooges, band seminale del rock and roll più assurdo e sporco che si sente in giro. Se vai poi ad approfondire i nostri gusti musicali, ti accorgi che non siamo poi così lontani come sembra .
GC: Le contaminazioni sono da sempre la linfa vitale del rock and roll. Chi direbbe che questa musica, non più di 60 anni, fa veniva suonata da big band molto più vicine al jazz classico che a quanto vediamo oggi? Chi direbbe che la chitarra agli albori di questa musica era né più né meno che uno strumento di contorno? Chi immaginerebbe che il ruolo odierno della chitarra, assolutmente primario, venne “inventato” da un pugno di musicisti neri alla Chuck Berry che addirittura ci copulavano sul palco? Veniamo tutti da lì, e il rock and roll è la materia che più si è adattata alle attitudini di chi mano a mano reinterpretava il genere… C’è poco di nuovo, se vuoi, ed è per questo che viene considerata una musica morta. Ma tra tutte le musiche è quella che da morta rinasce ogni giorno su ogni palco scassato o in ogni saletta improvvisata dentro un garage di qualsiasi angolo del mondo. C’è sempre qualcuno che ha da dire qualcosa e lo vuole dire con urgenza: il rock and roll è lì, esattamente a questo scopo, lo stesso che aveva quando è nato.
Veniamo al disco. Back To The Roots è il vostro primo lavoro in studio. Ha il sapore di una demo abbondante, ma allo stesso tempo racchiude la vostra essenza. Che cos’è, secondo voi?
AB: Ce lo siamo chiesti e ce lo chiediamo tutt’ora. Da quando abbiamo posto le prime basi nel 2015 sono successi diversi episodi che ci hanno bloccato, vuoi per i miei impegni con i Fingernails, vuoi per gli avvicendamenti alla batteria, ma anche per molteplici disavventure personali. Poi c’è stato il Covid e sappiamo tutti come sono andate le cose. Nel frattempo avevamo questa serie di brani che avevamo intenzione di registrare e, durante il periodo del lockdown, abbiamo assemblato tutti gli strumenti per ricavarne un album promozionale più che altro da distribuire gratuitamente per decisione iniziale e per riprendere quella visibilità che non abbiamo potuto esibire dal vivo. Ci si farà caso che la batteria è stata suonata con un piccolo aiuto di alcuni amici (Luca dei Metallers Witchunter di Teramo, Eugenio Mazzini, un vecchio amico). In alcuni casi ho suonato personalmente le parti ritmiche grazie al supporto di una batteria elettronica che tengo in casa nel mio piccolo studio personale. Attualmente ci stiamo interrogando sul futuro, se entrare in uno studio di registrazione per ricavarne un sound più professionale, oppure lavorando sul nuovo materiale, vedremo gli eventi cosa ci riserveranno.
GC: BTTR rappresenta ovviamente il punto di arrivo di questi anni, ma anche la ripartenza dopo questi ultimi mesi assurdi che ci sono capitati e che hanno scosso alle fondamenta la nostra comunità, con la musica dal vivo che ha subìto l’attacco più duro da parte del Covid. Registrato in tempi di pandemia, con mezzi casalinghi, il disco rappresenta esattamente quella voglia di tornare alla nostra normalità con ogni mezzo necessario, che è quella di stordirci con la nostra musica preferita, che sia sotto (o sopra) un palco o con le orecchie attaccate alle casse dello stereo.
Ciò che colpisce è a mio avviso l’energia. Tutto suona molto live, molto garage. Le canzoni sono grezze, feroci, aggressive e, diciamolo chiaramente, fottutamente rock and roll. Come definireste la proposta dei GTH?
AB: Quando la gente ci vede pensa subito a dei personaggi maturi che suonano un rock più in sintonia con l’esperienza vissuta, ma quando si accorgono quanto siamo perennemente incazzati sul palco li sorprendiamo positivamente e ci guardano con occhi diversi . Il nostro passato non è stato mai tranquillo, le nostre esperienze di vita ci hanno fatto conoscere la parte malata del rock and roll: le droghe, gli alcolici, i ricoveri ospedalieri e, in alcuni casi, anche la prigionia. Tutti questi eventi ci hanno segnato, ma la musica ha salvato le nostre vite. Oggi sembriamo delle persone più quiete, c’è chi lavora, chi è dj radiofonico, chi ancora combatte contro i fantasmi del passato. Dentro arde ancora quel fuoco che sfoghiamo sul palco quando ce ne danno possibilità, e sapessi che liberazione ogni volta! Sembra di tornare ragazzi, quando davvero eravamo trasgressivi e rivoluzionari. Mi piace sapere che i GTH sappiano ancora regalare emozioni ai ragazzi che vogliono sfogare i propri istinti repressi.
GC: Non c’è altro modo di definirlo: è rock and roll, nella sua forma primitiva, che non è solo questione di sound, ma di attitudine. Rock and roll radicale nelle intenzioni e radicato nei riferimenti, che sono quelli del proto punk dal sapore molto metallico di inizio anni 70.
In chiusura, tra l’altro, un classico di Iggy Pop & The Stooges, Search And Destroy, tratto dal mitico Raw Power del 1973…
AB: Te l’ho detto, gli Stooges ci accomunano nel gusto musicale, Search And Destroy è un classico coverizzato da chiunque e solo suonandolo riesci a comprenderne la forza energica. Inoltre dal vivo abbiamo intenzione di mantenere in scaletta anche altri classici come No Fun che ho eseguito spesso anche con i Fingernails .
GC: A quel disco dobbiamo anche il nome della nostra band: going to hell non è altro che una parte del titolo di uno dei brani più devastanti della storia del rock, presente proprio su Raw Power… non diciamo altro, a voi andarvelo a scoprire o riascoltare.
(Your Pretty Face Is Going to Hell) n.d.a.
In scaletta anche qualcosa in italiano. Porterete avanti il discorso sfruttando due lingue?
AB: Non è facile portare avanti il discorso della lingua italiana nel rock and roll, ma è un tentativo a cui non rinunceremo. Nella band c’è chi si oppone, ma che poi, alla fine, capisce che non intacca assolutamente l’istinto selvaggio della nostra proposta. Nella musica punk ci sono (e ci sono stati) molti gruppi che cantano in italiano, tipo i Bloody Riot. Più che altro i testi in italiano li ho scritti io mentre Giulio si esprime in inglese; è un esperimento che uso spesso anche nel metal più avvezzo a rifiutarlo, ma che i Fingernails stanno attuando sempre più assiduamente. Credo che a volte il messaggio è molto importante accompagnato dalla giusta violenza sonora e che è utile far comprendere al meglio al pubblico che ci ascolta.
GC: La scelta della doppia lingua la vedo come una questione quasi mcluhaniana, di equilibrio tra mezzo e messaggio: fermo restando che il rock and roll è al tempo stesso mezzo e messaggio (come non ricordare a questo proposito Rumble di Link Wray, primo brano completamente strumentale a ricevere una censura, a causa del suo sound violento e inquietante). Le canzoni in inglese, pur cercando di veicolare un messaggio, chiedono principalmente di abbandonarsi alla musica in quanto tale; quelle in italiano invece cercano di trasmettere un messaggio che possa far scaturire una riflessione al di là del brano in sé. Proveniamo tutti da situazioni e contesti di militanza all’interno della nostra comunità, quella romana, da sempre una scena lucida anche nelle sue forme più sovversive e contraddittorie, critica, portatrice di istanze radicali. Tutti i nostri brani trasudano questa consapevolezza.
Cosa farete, quando il disco sarà ufficialmente in circolazione?
AB: Adesso l’idea è quella di ricominciare al più presto a suonare live, non vediamo l’ora di riproporre i nostri pezzi e far divertire la gente. Questa cosa avverrà gradualmente per ovvie ragioni, ma di certo il Covid non ha sopito la nostra energia e, piuttosto che starcene seduti davanti un computer a oziare, preferiamo andare a giocare con i nostri simili. Tempo per riposare e ricaricare le pile ne abbiamo ancora per buona pace delle nostre famiglie terrorizzate!
Ora le cose difficili, perdonatemi. Situazione musicale in Italia? A prescindere dal Covid, che ovviamente ha complicato ulteriormente le cose…
AB: E’ ancora presto per fare previsioni, la voglia di riprendere è tanta, ma bisogna fare i conti con la crisi, diversi locali non riapriranno e gli organizzatori non possederanno abbastanza denaro per farci viaggiare e rientrare delle spese. Ma siamo positivi per il futuro musicale, prima o poi le cose andranno a migliorare
Talent? E sì, ve lo avevo detto, domande rognose…
AB: I talent non devono riguardare assolutamente il nostro ambiente, questo tipo di format ha spettacolarizzato il mondo musicale, sempre più orientato verso la cura dell’immagine più che all’aspetto sonoro, che risulta sempre più plasticoso e fastidioso; ragazzi finto trasgressivi, con i capelli ben pettinati e i vestiti eleganti, non fanno parte del nostro ideale di rivoluzione e ribellione. Noi veniamo da una generazione passata da Easy Rider a Tommy, dai Sex Pistols al thrash metal della BayArea, ma anche da Monterey a Woodstock, Ziggy Stardust, Lou Reed , Iggy Pop… Come potremmo mischiarci con simili obbrobi televisivi? Alle nuove generazioni dico di scrivere pezzi incazzati, entrare in studio per registrare e sudare su un palco in giro per l’Italia, l’Europa o dove cazzo volete. L’ importante è proporre le idee con coraggio e passione, il rock and roll non chiede altro.
GC: In una delle nostre canzoni, che prende ispirazione esattamente da quel contesto, ribadiamo che la musica, la nostra musica, non ha altra dimensione congeniale che quella dal vivo. E che la rivoluzione non è in vendita. Il denaro riesce a sporcare sempre tutto ciò che tocca, al denaro non interessa altro che la propria riproduzione e moltiplicazione metastatica. Per questo cantiamo che noi non vendiamo rivoluzione come i “prodotti” musicali che passano in tv, ma siamo rivoluzione, perché il rock and roll è l’essenza della rivoluzione.
Beh, già che ci sono. Abbiamo parlato del problema Covid. Che idea vi siete fatti a riguardo?
AB: Gli episodi sono contrastanti, il Covid esiste e la gente si è ammalata. Conosco decine di amici che purtroppo hanno contratto la malattia, in alcuni casi se ne sono andati tragicamente. Bisogna usare molta attenzione per tornare alla vita normale seguendo semplici accorgimenti, io sono convinto che le persone intelligenti aiuteranno a farci sentire più sicuri.
GC: Noi siamo una band “vaccine certified”, nel senso che abbiamo seguito alla lettera le indicazioni degli esperti, rispettto le norme di sicurezza e fatto le scelte che ci sono state consigliate. Siamo tutti vaccinati e pensiamo che in una situazione così difficile e mai vissuta prima d’ora, stare lì a fare gli stronzi contro tutto e a tutti i costi sia davvero una scelta irresponsabile. Ci piace far casino, ma siamo soprattutto persone responsabili, nei nostri confronti e in quelli di chi ci circonda. Troppa gente morta o che è stata malissimo, anche tra i nostri amici, parenti e conoscenti. Ora anche basta. Non abbiamo alcun tipo di presunzione nel volerne sapere più di chi ha studiato o più di chi salva le vite per mestiere. L’unica cosa che vogliamo è tornare al più presto alla normalità: se questo passa per l’immunità di gregge su base vaccinale, ecco le nostre braccia per la puntura. Anzi, come detto, le nostre braccia le abbiamo già date. E se pensate che faccia male, che chissà che ci mettono dentro, pensate solo a tutto quello che vi siete bevuti, fumati, calati e così via senza sapere niente di ciò che contenesse. Noi peraltro siamo qui, vivi, vegeti, vaccinati e in formissima, pronti a tornare sul palco appena possibile.
I dischi della vostra vita? Quelli che vi hanno fatto davvero innamorare…
AB: Adoro il rock anni 60/70, i miei idoli passano da Jimi Hendrix a Jim Morrison e Janis Joplin, per finire con Iggy Pop e i Motorhead. Ma anche Rory Gallagher, Crosby, Stills, Nash & Young, la New Wave of British Heavy Metal, il blues rurale, i Sex Pistols, il grunge… Insomma, amo il rock in generale, ma se dovessi portare tre dischi su un isola deserta sceglierei Are You Experience della Jimi Hendrix Experience, il primo dei Doors e Ace Of Spades dei Motorhead.
GC: Impossibile per me non dire Raw Power, per tutti i motivi già elencati, perché S&D ce l’ho tatuato addosso, perché S&D è il nome della mia trasmissione radio, che conduco da oltre vent’anni, prima su Radio Onda Rossa ed attualmente su radiosonar.net. A seguire l’omonimo The Clash e Radios Appear dei Radio Birdman. Ne cito tre, ma ne potrei citare almeno trenta, tutti nella mia top ten assoluta…
Qualcosa che non vi ho chiesto?
AB: Attualmente io e Giulio conduciamo dei programmi radiofonici su radiosonar.net: io con Rnr Can Never Die racconto le gesta della storia della musica rock, dagli inizi a oggi, Giulio con Search And Destroy presenta realtà, passato e presente del mondo punk, garage e rockabilly.
GC: Al momento, fra i tre “titolari” dei GTH ci sono due romanisti (Bidoli e il Tedesco) e un laziale (io). Non so se la cosa può interessare, ma non c’è mai stato un solo minimo screzio tra di noi a tal proposito, pur essendo tutti e tre avvelenati e soprattutto instancabili curvaroli (anche se per quanto mi riguarda ho cambiato settore già da un po’, dato che non mi sento più rappresentato dalla mia curva, non solo per motivi politici…)
Bravi! Il Derby è sempre Derby, ma forze opposte devono saper coesistere serenamente. Questa è tra le basi dello sport, quello pulito… (n.d.a.)
Salutate i lettori a modo vostro…
AB: Un saluto a tutti i lettori e coltivate le vostre passioni con coraggio, spegnete la tv e ascoltate musica live. Quando vedrete arrivare i GTH nella vostra città, venite compatti perchè non ve ne faremo pentire di certo.
GC: Andrete sicuramente all’inferno, prima o poi, ma quando sarà, fatelo con i Going To Hell a palla.
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