La parata di Scuffet sul tiro di Bernardeschi durante Udinese-Juventus di sabato 6 ottobre: wow!!!
L’articolo potrebbe già essere finito così, ma la prestazione del giovane portiere mi ha stimolato per descrivere altri suoi notevoli interventi ed estendere l’analisi circa il ruolo del portiere e la situazione attuale.
Primo intervento: respinta su tiro ravvicinato di Mandzukic.
Sugli sviluppi di una bella azione juventina e conseguente carambola nei pressi dell’area piccola, la palla arriva nei piedi dell’attaccante croato, il quale posizionato a pochi metri dalla porta opta per la soluzione di potenza ma incredibilmente si vede respingere il tiro. Lo spettatore trangugia l’urlo di gioia.
Prima di sezionare la parata mi permetto di criticare la scelta di Mandzukic: è la tipica situazione in cui il portiere ha tutto da guadagnare, accetta il duello, lo può perdere se anticipa l’intervento ma non ci casca anche e soprattutto perchè l’attaccante non esegue nessuna finta e calcia dritto di collo pieno consentendo la deviazione. Vero anche che sulla linea di porta c’erano anche due difensori più uno in chiusura da dietro, ciò ha ridotto lo spazio e il tempo per la scelta del tiro. Tutto demerito dell’attaccante? No, solo in parte perchè la parata va poi effettuata ed è tutt’altro che semplice.
Scuffet accetta la sfida e si offre, piedi piantati in terra, busto e braccia leggermente in avanti pronti ad aggredire, soprattutto fermo fino allo scoccare del tiro il quale è forte e diretto al corpo. Boom botti e saette ma il duello lo vince, ma come ha fatto a respingere e soprattutto a deviare in angolo una palla scagliata con violenza da così pochi metri?
Innanzitutto la postura corretta (centrata e compatta), poi il timing (non anticipa), quindi la parata (reattivo), infine il dettaglio (palmi rigidi e sensibili nel contempo); un mix di atteggiamento concentrazione e tecnica.
Questo intervento mi ha trasportato negli anni 80 quando ragazzino guardavo la serie animata “Mimì e la nazionale di pallavolo”, nella fattispecie la puntata in cui la giapponese capì come contrastare la terribile schiacciata della russa Volciskaia (o qualcosa di simile) su alzata a braccia incrociate della bionda Andreievna (se vi scende la lacrimuccia non asciugatela). Proprio come Simone Scuffet, Mimì Ayuhara e company non si oppose attivamente alla violenta schiacciata, ma farsi colpire e trasformare l’energia in una sorta di rinculo; ecco perchè la palla non viene respinta in campo ma accompagnata in corner.
Secondo intervento: deviazione sul rasoterra di Bernardeschi.
La Juve alla ricerca del terzo goal, area intasata, difesa schierata ma logora, CR7 e Bernardeschi che sembrano giocolieri si passano la palla con scambio di posizione del portoghese a favore dell’ex viola che appena dentro l’area fa partire un preciso e potente rasoterra diretto alla sinistra di Scuffet, il quale si traveste da felino per deviare in angolo. Lo spettatore ri-trangugia l’urlo di gioia e lo trasforma in stupore.
Parata sensazionale e difficilissima se ne esiste una, quelle a rasoterra sono a mio avviso le più complicate per i portieri e se consideriamo le altezze medie odierne sopra il metro e novanta, la dinamica dell’azione e il campo bagnato, scendere a terra in quel modo (rapido, sicuro e preciso) ha dell’incredibile.
A mio parere il migliore su parate rasoterra è Buffon, anche a quarant’anni.
Il primo plus del giovane Scuffet è stato seguire l’azione verso sinistra spostandosi sulla linea di porta così da farsi trovare correttamente decentrato al momento del tiro, riducendo così la distanza con la palla.
Il secondo il modo con cui ha effettuato la parata: reattivo nello scendere e spingere verso il pallone senza passi di preparazione, infine la rigidità dell’asse gambe-tronco-braccia-palmo.
Terzo intervento: respinta di piede sul piattone in controtempo di CR7.
Dinamica simile al rasoterra di Bernardeschi, ma al suo posto CR7 che, anzichè optare per la soluzione di potenza o stop and go, di piattone cerca di coglierlo in controtempo ma lui non casca nel tranello (come contro Mandzukic) rimanendo in piedi e respingendo a sua volta di piattone sinistro. Ho visto interventi simili in cui i portieri si contorcevano inutilmente, Scuffet invece no rimane centratissimo sugli appoggi respingendo come un difensore più che un portiere; in modo simile Dybala uccellò Handanovic (si fece uccellare imho) in occasione del goal del 3-0 durante l’andata di semifinale Coppa Italia di due anni fa.
Dei tre questo è l’intervento meno spettacolare e più difficile, ma lo metto a referto per celebrare l’intera prestazione di Scuffet e sottolineare, sì lo stato di grazia della giornata, ma anche le caratteristiche che gli hanno permesso di effettuare fantastiche e diverse parate: concentrazione che denota la capacità tattica di stare in partita, postura corretta per l’approccio migliore agli interventi, reattività e tecnica che gli hanno permesso di effettuare gli interventi in maniera totalmente efficace.
Simone Scuffet classe 1996, giovane promessa il cui nome era presente sui taccuini dei più importanti osservatori che lo notarono durante i tornei fra nazionali giovanili, esordio in serie A con l’Udinese sul finale di stagione 2014 a soli 17 anni con un paio di ottime prestazione lo preannunciarono protagonista di una fulgida carriera. Il paragone con Buffon (sempre sia lodato) non fu del tutto fuori luogo, oltre alla precocità, infatti lo accumunarono la spregiudicatezza e l’attitudine nel compiere interventi difficili tramite una certa naturalezza. Un paio di partite bastarono all’Atletico Madrid per proporgli un’offerta che lui misteriosamente rifiutò, forse per non accelerare i tempi (bruciarsi in gergo) e terminare il percorso di crescita a casa.
Fu invece l’inizio di un percorso di decrescita che lo portó addirittura in serie B nelle fila del Como (poi retrocesso) e a collezionare pressochè solo panchine a Udine, ad alto rischio dimenticatoio.
Ovviamente non conosco le motivazioni del rifiuto, ma ritengo che fu un errore per una serie di motivi.
Il primo non valutare l’occasione come una opportunità, passare dalla provincia italiana a un palcoscenico europeo di alto livello; il secondo non affidarsi ad una squadra che di portieri se ne intende (anche di attaccanti) basti pensare a DeGea Cortois Oblak esticazzi; il terzo non rischiare non mettersi in discussione tipico dei giovani italiani sebbene minorenne ma allora la domanda nasce spontanea: per quale motivo ti alleni con sacrificio in una squadra professionistica?
Al tempo mi sarebbe piaciuto che la Juve lo avesse acquistato per farlo crescere a fianco dell’allora trentaseienne Buffon, ma in quegli anni la società non sarebbe stata disposta nel compiere un investimento oneroso e non sicuro.
Dopo anni tribolati, Scuffet sembra avere ripreso la maglia da titolare e gli auguro che la partita di sabato scorso sia un buon viatico verso una carriera ad alti livelli; il tempo è ancora dalla sua parte, mi sembra anche un bravo ragazzo a cui un pò di buona sorte non guasterebbe.
Sperando che la sua ascesa abbia definitivo compimento, sia inoltre di buon auspicio per la categoria “portieri italiani” a mio avviso in crisi e ormai da più di un decennio non più i migliori al mondo. Ritengo che il livello degli italiani sia inferiore a quasi tutti gli stranieri, paradosso perchè la scuola italiana intesa come preparatori ha migliorato, rendendoli portieri di livello internazionale, alcuni stranieri ad esempio Dida, Szczesny, Handanovic, Alisson oltre a quelli in cantiere. Ricordo che le prime 5/6 squadre in classifica hanno portieri titolari stranieri, eccezione per il Milan (anche la nazionale ?!) con Donnarumma che però rimane sotto costante esame complici alcuni comportamenti non in linea con l’età e il ruolo.
Non vedo portieri italiani in squadre straniere di livello internazionale, addirittura anni fa il Torino acquistò l’inglese Hart, personalmente mai piaciuto così come a Guardiola; il che è tutto dire.
Altro paradosso italiano in ottica crescita del movimento la carriera di Buffon, anzichè essere da stimolo per i giovani sembra abbia non solo sbaragliato la concorrenza ma addirittura annichilito le speranze.
A testimonianza della caduta degli dei, la scelta della Juventus di affidare le chiavi della saracinesca ad un portiere straniero dopo millenni di custodia italiana (eccezione la parentesi biennale di Van der Saar).
Statistica interessante: la maglia numero 1 nei mondiali vinti è sempre stata indossata da bianconeri (Combi Zoff Buffon). Da tifoso grandi rimpianti non aver visto titolare in nazionale con continuità Tacconi e Peruzzi, a mio parere nettamente migliori dei titolari; curioso anche perché in periodi in cui i bianconeri erano protagonisti nell’alzare con la Juve trofei in giro per il mondo mentre i titolari in nazionale facevano gli spettatori o quasi con i rispettivi club.
Ultima statistica pro Juve Stefano Tacconi è stato il primo portiere a vincere tutti i trofei Uefa compreso la coppa Intercontinentale, in cui fu decisivo nel parare due tiri nella lotteria dei rigori.
Avremo a breve una degna rappresentanza di portieri italiani degni della scuola che rappresentano?
Dubito, nel frattempo Forza Simone.
(Alessandro Rota)
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