Interviste

URBANO MALINCONICO Intervista al cantautore Ur.Mal.

A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage

Urbano Malinconico è un marchio che suona bene, più che bene, e già questo basterebbe per cliccare e ascoltare. Tuttavi l’artista che abbiamo voluto portare qui da noi, per firmare la propria musica, utilizza l’acronimo, lo pseudonimo Ur.Mal. che incuriosisce (e che mi ha incuriosito) comunque e non poco. Per non parlare poi dell’idea generale di anonimato, situazione che, quando si presenta, fa venire la voglia di saperne di più. Il cantautore, napoletano di origine, ma che per lavoro si è trasferito a Milano, ci presenta Demoni E Cani, un Ep profondo e dalle tinte scure. Ur. Mal. è alternativo, libero e piuttosto dark, certo, ma non per questo privo di sperenza o incapace di scorgere da qualche parte, nella notte, lo spiraglio. Non resta che farci raccontare tutto da lui…

Benvenuto su MDN, siamo contenti di poterti ospitare. Dunque, ascoltando Demoni e Cani, sono riuscito a entrare nel tuo mondo e ad apprezzare la tua visione artistica. L’EP ha un sapore fortemente dark o comunque malinconico, disincantato. Dimmi, come sono nate queste quattro canzoni?

Parto dall’aggettivo che hai utilizzato: “malinconico”. E mi ricollego al nome che ho deciso di usare, Ur.Mal. che è, appunto, acronimo di Urbano Malinconico, lo pseudonimo con cui ho iniziare a postare i miei scritti su IG nel 2021 (all’incirca). Scrivo (vale anche per i testi delle mie canzoni, non solo per gli scritti brevi che posto) quasi sempre in concomitanza con i momenti in cui si manifestano i miei stati d’animo “scuri” (passami il termine). Ma giuro che nella mia vita privata sono molto solare e di compagnia. Chi mi vive da vicino (tranne chi mi conosce nel mio intimo più profondo, quindi due o tre persone al massimo), senza conoscere il mio lato cupo, probabilmente nemmeno se lo immagina. Le quattro canzoni di Demoni e Cani sono nate proprio cercando di dare sfogo ad alcune sensazioni che vivo in questi momenti. Parlano di frustrazioni, pressioni, stati d’ansia, stati depressivi. Mai, però, senza lanciare un messaggio di speranza, un momento che lasci intravedere uno spiraglio di luce, una via di fuga, una possibilità di risalita. Se ci si sofferma con attenzione sui testi, ci si accorge che gli stati d’animo rappresentati non sono mai vissuti come qualcosa di definitivo e irreparabilmente compromesso e incontrovertibile.

A mio avviso, un altro aspetto interessante è il quadro poetico-teatrale che in generale riesci a proporre. Cosa puoi dirmi a riguardo?

Che, probabilmente, tu hai colto qualcosa che va al di là delle mie intenzioni progettuali. Forse potremmo dire che la teatralità che tu hai colto è preterintenzionale. Dietro a ciò che scrivo e compongo di getto c’è sempre poi del lavoro di raffinazione, ovviamente, ma l’impulso di partenza è sempre la necessità di dare sfogo a degli stati emotivi. In questo credo ci sia inevitabilmente qualcosa di “poetico”. Nel tentativo di strutturarlo e dargli una forma espressiva fruibile, si configura una sorta di “messa in scena” che ha, in senso lato, delle connotazioni che potrebbero definirsi, a loro modo, “teatrali”.

Testi, ora. Come detto l’atmosfera è generalmente cupa e intima. Quali sono state le riflessioni che ti hanno portato a comporre i versi?

In parte, forse, ho già risposto, nel parlarti delle sensazioni che stanno dietro all’atmosfera dark che hai colto. Diciamo che, spesso, il quotidiano e l’improcrastinabile ci fanno sentire incastrati in un ingranaggio che ci spinge a fare cose con automatismi soffocanti, totalmente deprivati di qualsiasi possibilità di scelta, impossibilitati a deviare dal percorso sul quale ci siamo incanalati. In realtà, però, tante volte la scelta è molto più alla nostra portata di quanto pensiamo, e le soluzioni possibili non sono sempre e solo quelle che abbiamo noi in mente.

Beh, a questo punto, trattandosi come detto di un EP, abbiamo la possibilità di descrivere tutte le tracce. Vai, in breve, centrando però le chiavi principali…

Aria Notturna con demoni e cani è nata dal riff di basso iniziale, che era fermo da un po’ nel cassetto. Una notte, da solo in sala, mi ci sono messo a scrivere su… e il testo e la melodia sono venuti fuori praticamente da soli nel giro di qualche ora. Rappresenta un po’ la mia battaglia personale con i miei pensieri (“demoni”) notturni, quando non riesco a dormire. Pensare ai cani (“persone” semplici, che possono insegnarci tanto, in termini di amore, essenzialità, leggerezza, perdono), mi calma e mi dà un senso di pace interiore. Senza Faccia doveva dare inizialmente anche il titolo all’EP (prima che mi rendessi conto che l’essenza del messaggio generale potesse essere meglio racchiusa nel dualismo Demoni/Cani), perché avevo intenzione di giocare sul doppio senso (io ho scelto di non mostrare la mia faccia). Si tratta di una sorta di dialogo immaginario tra le due (e più) personalità che spesso albergano e lottano dentro ciascuno di noi. Che, se gestite bene, possono renderci versatili e in grado di controllare diverse situazioni, ma se ci si lascia sopraffare dal conflitto, ci si può anche andare a schiantare. La Zona è il testo dalla gestazione più lunga (e ancora oggi non ne sono pienamente convinto). È nato prima di tutti gli altri, ma l’ho modificato non so quante volte e il risultato finale è totalmente stravolto rispetto alla bozza iniziale. Nasce dalla sensazione di claustrofobia e desolazione generata dai lockdown, ma poi è diventato un appello a non adagiarsi nella propria zona di comfort che, spesso, è l’origine dei circoli viziosi in cui si precipita per frustrazione e carenza di stimoli. C’è da sapere… invece è una sorta di canzone potenzialmente “variabile” a piacimento. Rappresenta una sorta di elenco di principi che, secondo me, bisogna tenere ben saldi nella mente. Il testo nasce come una sorta di continuazione di un mio scritto postato sul mio profilo Instagram qualche tempo prima, che seguiva la stessa modalità creativa, con frasi del tutto diverse.

Parliamo della produzione o comunque dell’esperienza in studio…

Le esperienze in studio, perché ne ho fatte diverse. Come sai, il mio nasce come progetto prevalentemente amatoriale, senza alcuna velleità professionale. Quindi, inizialmente, ho passato mesi a cercare di autoprodurmi i brani. Poi, come credo tanti altri che tentano il mio stesso percorso, si arriva alla conclusione che, se vuoi un lavoro fatto in un certo modo, ti serve necessariamente un professionista. Io, dopo alcuni tentativi insoddisfacenti, mi sono imbattuto alla fine nella persona giusta per me. Ho trovato in Flavio Bargna (PAF Lab studio) quello che cercavo: una persona in gamba, preparata, con strumentazione adeguata, che però si prende a cuore il tuo lavoro, e cerca di metterci del suo, pur restando nel totale rispetto delle tue idee. Ho registrato tutti gli strumenti in autonomia (discorso a parte per le batterie, che sono scritte in midi e suonate con VST). Poi mi sono affidato a lui per tutte le fasi successive della produzione.

Avevi idee ben precise, prima di incidere ogni cosa o ti sei lasciato guidare dall’istinto?

Assolutamente no! Il mio processo creativo è stato tutto un susseguirsi di cose buttate lì istintivamente, su cui poi ho lavorato successivamente per costruirci su un lavoro più strutturato.

 

Cosa c’è dietro al titolo del lavoro. Un pochino abbiamo già detto, ma vorrei approfondire. Chi sono i cani e chi sono i demoni della prima traccia, secondo te? Pensando ai cani, canti…

In realtà, ho già un po’ anticipato la risposta, parlando della prima traccia dell’EP. Tuttavia, i demoni e i cani che danno il titolo all’EP assumono anche una connotazione più generale, rappresentando un po’ tutti i pensieri negativi che ci appesantiscono e quelli positivi che ci alleggeriscono quotidianamente nel nostro cammino.

Io?Drama?… Conosci questa band? Domanda buttata lì, perché seppur differente Aria Notturna con Demoni E Cani mi ha ricordato una bellissima loro canzone di qualche tempo fa…

Sinceramente no. Mai sentiti. Ma adesso mi hai incuriosito, per cui li andrò sicuramente a cercare.

Giusto allora parlare delle tue influenze musicali. Quali gruppi e quali artisti?

Questa domanda sembra semplice, ma non lo è, almeno per me. Ascolto davvero tantissima musica, spaziando tra i generi più svariati, e sono in continua esplorazione, in cerca di cose nuove da ascoltare, avendo cambiato anche spesso preferenze e gusti nelle diverse fasi della mia vita. Sulle mie canzoni ho ricevuto tanti pareri diversi, e accostamenti (tutti troppo generosi, per carità) tra i più svariati. In generale, direi che la mia indole è alternative rock (anche se qualcuno ci ha sentito anche qualcosa di prog, alla CCCP, per intenderci; sebbene io non li abbia mai avuti tra le mie playlist principali). Più che di “influenze”, quindi, preferisco parlarti di quello che ascolto più spesso, oggi. Con questa premessa, ti citerei, a raffica, Marlene Kuntz, Afterhours, The Cure, Radiohead, Tool, Queens of the Stone Age, Smiths, Arctic Monkeys… ma l’elenco risulta inevitabilmente tronco, perché potrei andare avanti ancora a lungo…”.

Prima di questo EP cosa hai fatto? Sì, raccontami un po’ della tua storia…

In realtà, non c’è una grande storia da raccontare. Suono la chitarra e canto, per passione, non per professione, da circa trent’ anni. Sono originario di Napoli, quindi le mie prime band e le mie prime serate live le ho fatte in Campania. Poi una pausa abbastanza lunga, perché sono stato sopraffatto dall’inizio della vita lavorativa. Nel 2008 mi sono trasferito a Milano, sempre per lavoro, e ho deciso di riprendere in mano la chitarra, seguendo svariati progetti sia cover che inediti, tutti di breve durata. Scrivo da anni (canzoni, poesie, brevi testi in prosa… insomma, quello che mi viene di scrivere, in base al momento), ma non ho mai condiviso i miei testi, perché, sinceramente, non ne ho mai avvertito l’esigenza. Scrivo prevalentemente per “uso personale”. Poi, nel periodo dei lockdown, mi mancava la sala prove, mi mancavano i live, e ho deciso di mettermi a studiare i rudimenti dell’home recording e del mixing, per provare a registrare qualcosa (inizialmente degli inediti scritti con la mia band di allora… che sono rimasti lì nel cassetto; poi ho deciso di provare a creare un progetto solista). Contemporaneamente ho iniziato a condividere i miei testi su IG, su un profilo creato ad hoc (Urbano Malinconico), e la cosa ha avuto un seguito che è andato anche oltre le mie aspettative, a dirla tutta. E quindi, pian piano, è arrivato questo EP. E adesso ne ho un secondo in cantiere…

Cosa pensi dell’attuale situazione musicale in Italia?

Vuoi la risposta lunga o quella breve? Decido io per quella breve, che per quella lunga ci servirebbero pagine e pagine. Tralascio il sermone sul cambiamento dell’industria musicale, sui servizi di streaming, sulla proliferazione delle produzioni musicali prive di spessore artistico (dovuta alla relativa semplicità di pubblicazione), alla difficoltà di farsi trovare e farsi ascoltare, che ne deriva, per artisti emergenti che abbiano effettivamente qualcosa da dire… anche perché tanti aspetti riguardano l’industria musicale in generale e non solo quella italiana. Limitandoci quindi prettamente al contesto musicale italiano, credo si sia innescato un circolo vizioso, in cui è sempre più difficile comprendere fino a che punto siano gli ascoltatori a lasciarsi influenzare dal marketing oppure il contrario. Le etichette tendono a sponsorizzare solo chi fa elevati numeri di streaming, e le persone tendono ad ascoltare sempre di più ciò che viene sponsorizzato in base a tale criterio. Il risultato è che, di base, in Italia, si ha la sensazione che il prodotto dominante siano le canzonette scritte a tavolino e pensate “ad arte” per fare streaming, mentre sono sempre di meno e sempre meno seguiti gli artisti che, piuttosto che “per emergere”, scrivono sull’impulso dell’istinto primario che deriva dalla necessità di esprimersi (che è l’essenza che dovrebbe stare all’origine di qualsiasi istinto creativo, in qualsiasi forma d’arte, secondo me).

Una cosa che non ti ho chiesto, ma che sarebbe importante dire?

Perché uno pseudonimo e un’identità artistica anonima? Perché avevo necessità di esprimermi senza alcuna remora e senza inibizioni. Avevo bisogno di scrollarmi di dosso le pressioni legate al giudizio/pregiudizio di chi mi osserva nel mio quotidiano (dal lavoro, alla famiglia, agli amici). Forse a qualcuno può sembrare mancanza di coraggio, però io preferisco pensare che tutti noi, se fossimo messi sempre nella condizione di dire e fare quello che vogliamo, senza timore del giudizio, ci mostreremmo più apertamente. Io, in questa cosa, non volevo mostrare la mia parte “visibile”, ma quella più nascosta e solitamente meno visibile”.

Manda un saluto ai nostri lettori, lasciando i link per seguirti…

Un saluto a tutti i lettori di MDN che si sono eroicamente spinti fino alla fine di quest’intervista! Se, non solo siete arrivati in fondo all’intervista, ma addirittura, per qualche assurdo motivo, avete sviluppato la curiosità di approfondire la vostra conoscenza su quello che faccio, vi lascio qui di seguito qualche link dove potete trovare un po’ di materiale… Grazie!

https://www.instagram.com/urbano_malinconico?igsh=OWU2cXFsYjVvY2kz&utm_source=qr

https://open.spotify.com/artist/457M1A6fblulJxMIfhDpzQ?si=7pZPOhf9S2qAELlN8hoT-Q

https://music.apple.com/it/artist/ur-mal/1702151054

https://youtube.com/@ur.mal.?si=cf8TfPELcF_zpKYW

https://www.facebook.com/profile.php?id=61551551766723

megliodiniente

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