Ho letto: VITA DI VIDEOGIOCHI – memorie (a 8 bit) di Ivan Venturi
Autore: Ivan Venturi
Genere: Biografia – narrativa
Recensione di Carlo Amedeo Coletta
Che bella la banalità. Non vi piace? A me sì. Ecco, magari non sempre ma nella banalità c’è anche tanta tranquillità. Non è che si debba vivere la vita come raccontano in pubblicità, sempre alla ricerca di brividi, emozioni, avventure. E santa pace! Ogni tanto ci si può anche fermare, pensare, stare tranquilli. Non è male la banalità, ogni tanto. E’ rassicurante. Sai sempre cosa stia per accadere, cosa stai per sentirti dire, come andrà a finire un discorso, una situazione, a volte un’intera giornata. Si diventa indovini. E non c’è nulla di più banale dei propri ricordi. Li hai già vissuti! Non è che li puoi cambiare. Conosci a menadito colori, suoni, a volte persino l’angolazione attraverso cui, nel ricordo, vedevi ciò che c’era davanti. E poi, all’improvviso, succede che un ricordo cambia qualcosa. Cambia soprattutto come viene evocato. Personalmente, è stato un connubio tra vista e olfatto. Più precisamente ho visto una foto e mi è tornato addosso un odore. Non mi era mai capitato. Il contrario sì, certo! L’odore della torta di mele riporta alla memoria la nonna, di solito. Mia nonna non preparava torte però, quindi questo esempio era sicuramente banale ma di qualcun altro, non mio. E comunque a me è accaduto il contrario. Ho visto la foto scattata a un vecchio monitor. Sullo schermo c’era l’immagine di apertura di un videogioco. Il mio videogioco preferito, quando avevo 13 o 14 anni. Di colpo, senza che ne capissi la dinamica, mi sono trovato a respirare l’aria e l’odore della mia cameretta. C’era una vecchia scrivania che, prima di essere lì, era nella cameretta di mio papà. Aveva uno strano odore di legno che non ho più ritrovato. Legno e tarli, probabilmente. Non so. E poco importa perché, in un battito di ciglia, ero lì e quasi mi commuovo. E quando, pochi secondi dopo, torno in me, nella realtà odierna, mi chiedo cosa sia successo. Ci riprovo, riguardo la foto e succede di nuovo. Un’emozione inaspettata e sconosciuta, una forma di ricordo che non avevo mai sperimentato. Il videogioco che era nella foto si chiamava F1 Manager. Bellissimo al punto che non capisco come sia possibile che non esista sulle attuali console o Pc. La foto che ho appena visto, quella che mi ha proiettato a una ventina…no, quasi a una trentina di anni indietro (maledetto tempo che passa) funge da copertina di un libro. Vedo che lo ha scritto un certo Ivan Venturi e, fulmineo come un lampo, il ricordo va al pilota più forte del videogioco che si chiamava proprio così, Ivan Venturi. “Ma dimmi te – penso – il pilota di un videogioco che scrive libri, ah ah!”. No, aspetta, non può essere. Allora guardo meglio e scopro, a distanza di tutti questi anni, che Ivan Venturi è il creatore di quel videogioco. E’ la persona a cui devo ore di divertimento, nottate in bianco, risate irripetibili con gli amici di allora, alcuni dei quali amici ancora adesso. C’era Omar, fissato con Ayrton Senna, c’era Lorenzo che si schiantava sempre. C’era il metodo “quaderno magico” su cui, circuito per circuito, avevamo scritto la sequenza delle curve per non finire fuori strada nei giri di qualifica. E tutto questo, questo quadretto di ragazzini felici e impegnati, adesso aveva una firma, un autore: Ivan Venturi. E allora, compro il libro, lo leggo e ve lo recensisco. Una recensione simile a quella di una medicina che a me esorcizza problemi di memoria, a voi non so, si vedrà leggendolo.
Avvertenze:
– se non avete mai tenuto in mano, o sul tavolo, un Commodore 64, potreste sentirvi fuori posto
– se non sapete cosa e quanti siano 8 bit, eh, brutta storia.
– se non avete mai vissuto il mondo dei videogiochi e l’epoca in cui ci hanno accompagnato, potreste restare delusi ma se siete curiosi, allora è un libro giusto.
– se siete nati quando i videogiochi assomigliavano già a simulazioni e meno a giochi, bè, alcune parti potrebbero non essere di facile comprensione, nonostante siano molto interessanti.
Impiego:
Vita di videogiochi, memorie a 8 bit, di Ivan Venturi è consigliato per tutte quelle persone che viaggiano tra i 50 e i 35 anni. Il suo utilizzo, in dosi massicce leggendolo tutto d’un fiato, è sicuramente indicato a chi, oltre a giocare, ha impiegato il proprio tempo dilettandosi nella programmazione, soprattutto sul mitico Commodore 64. In dosi minori, quel numero di pagine sufficiente per prepararsi al sonno, con la lucina accesa e sotto le coperte, assicura ricordi emozionanti che possano accompagnare il lettore nei primi minuti di torpore, lasciandolo assieme a gioie ed emozioni credute dimenticate da tanto tempo, nonostante si siano solo nascoste in qualche meandro del cuore e della mente.
Tipologia di prodotto:
Vita di videogiochi è, nell’intenzione iniziale, una biografia: la vita professionale e artistica di Ivan Venturi. Dirla così, però, sarebbe molto riduttivo e anche l’autore lo sa. Lo dice proprio, anzi. Vuole che sia un libro piacevole da leggere. E lo è. Certo, le pagine in cui spiega le tecniche di programmazione sono più indirizzate a chi è avvezzo a certi termini, a certi problemi, ma il fulcro non è questo. Ivan è bravissimo a intrecciare la sua crescita professionale e fisica con il cambiamento e l’evoluzione del mondo che lo circonda e che ha circondato anche noi. Gli anni in cui nascevano le sale giochi, quelli del militare quando ancora il servizio era obbligatorio. Le telefonate dalle cabine, gli appuntamenti saltati perché non esisteva il cellulare, gli accordi presi dal telefono di casa, le amicizie “fino alla morte”, per portare alcuni esempi. E’ un libro che nasce dalla ritrovata passione, mai spenta ma a lungo abbandonata, per una realtà professionale e artistica che sembrava morta e sepolta sotto metri di polvere e tonnellate di moderni Pc. Una passione che, invece, non si è mai sopita e ultimamente sta tornando molto di moda. Un fenomeno chiamato retrogaming che dovrebbe farci pensare, tra l’altro, al motivo di questo ritorno. Probabilmente, pensiero personale, erano anni in cui si aveva la sensazione di avere il controllo su ciò che si creava, su ciò che ci circondava, anche su ciò con cui si giocava. Andava tutto più lentamente e si aveva la sensazione di poter stare al passo. E ciò che accadeva a migliaia di kilometri di distanza, bè, spesso neppure si sapeva e, quindi, non poteva sfuggire al controllo perché non c’era nulla da controllare. Magari eravamo solo giovani e tutto ci sembrava possibile. Non so. E comunque anche queste domande nascono dalla lettura di questo libro, quello con la copertina che odora di camera mia, anche se non la strofinate. Vabbè, se non siete stati negli anni ‘80 questa battuta non potete capirla. Vedete voi, insomma, se leggere questo libro può giovare al vostro stato di salute fisico e mentale. Come ogni farmaco, con alcuni funziona, con altri no. Per quanto mi riguarda, l’ho letto due volte e se ne sta, tranquillo, sul comodino. Certo, non lo prendo tra le mani ogni sera. Non è neppure così raro che ciò accada, però. Di foto ce ne sono tante e, quando capita, mi piace sentirmi in luoghi a me cari, respirandone l’aria.
A presto e…
Buona lettura!