A cura di Enrico Spinelli
PICCOLA PREMESSA: se per caso vi dovesse venire in mente la battuta “perché un disco di cover di Zucchero dovrebbe essere una cosa nuova? Non ha sempre fatto solo cover?!” vi informo che è già stata fatta e ripetuta più volte dall’annuncio di questo progetto in poi, per cui possiamo passare oltre.
Dunque, cosa può aggiungere alla carriera di un artista un album di cover? Spesso poco o niente, anzi, spesso rappresenta il raschiare il fondo del barile in un momento di stasi creativa. Beh, non è certamente il caso del nostro, visto che soprattutto con gli ultimi lavori sembra vivere una sorta di seconda giovinezza; e allora viene da pensare che la ragione alla base di questo progetto sia la stessa che ha spinto Zucchero in passato a realizzare delle cover, fare proprio cioè qualcosa che non rientra nel proprio repertorio o che magari non è neanche tanto vicino alla sua proposta.
Da una lista di 500 canzoni papabili il nostro ha estratto 13 pezzi qui proposti in chiave assolutamente personale, direi “Zuccherificati” (non addolciti, badate bene). Le prime due tracce in realtà sono veri e propri inediti, dal momento che i rispettivi autori (Micheal Stipe e Bono Vox) non li hanno mai rilasciato in uscite ufficiali: ecco quindi “Amore adesso” e “Canta la Vita”, entrambe nate durante il lockdown e qui presenti in tutta la loro energica melodia, ballate nel perfetto stile del nostro. Sorprende poi la scelta di avvicinarsi ai Coldplay con “The Scientist”, un pezzo che nelle mani di Zucchero assume dei connotati blues davvero suggestivi, così come il duetto con Elisa per quella “Luce” scritta a quattro mani dai due e vincitrice del Festival di Sanremo; quanto è bella.la voce sofferta di Adelmo mentre si intreccia con l’armonia di Elisa!
Non mancano scelte coraggiose, come “Wicked Game” (quanti di noi l’hanno conosciuta grazie alla bella versione degli HIM?!), oppure “Follow You Follow Me” dei Genesis più commerciali o la celeberrima “Human” di Rag’n’Bone Man, entrambe personalizzate in maniera esemplare, così come personalizzata con classe, eleganza e pieno rispetto dell’originale la meravigliosa poesia di “Fiore di Maggio”. Troviamo poi un duetto sul quale avevo più di un pregiudizio con Mahmood per “Natural Blues”, inizialmente incisa da Vera Hall col titolo “Trouble so Hard” e qui riproposta nel riarrangiamento di Moby: le due voci, da stili completamente lontani, riescono alla perfezione a sincronizzarsi e a rendere omaggio a questo blues moderno.
Suggestiva poi “Ho visto Nina Volare”, già proposta in passato nel tributo a Fabrizio De André e che qui viene arricchita da un cameo registrato dell’autore, creando un immaginario quanto malinconico duetto.
Chiude il cerchio “Lost Boys Calling”, una cosetta di due tizi a caso, Ennio Morricone e Roger Waters, un pezzo perfetto per sigillare un lavoro di spessore, tutt altro che superfluo ma, anzi, particolarmente suggestivo nella sua eterogeneità e artisticamente ben costruito. Un altro tassello luminoso nella brillante carriera del nostro matto italiano con la voce di cuoio.